28 aprile – Sa Die de sa Sardinia

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Nella ricorrenza de Sa Die de sa Sardinia, si è tenuta presso il centro culturale Frau, organizzata dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Pula, un’interessante conferenza del Prof. Luciano Carta storico e studioso della Sardegna, che ha spiegato date e cronologia della Rivoluzione Sarda degli anni 1793-1796.

Con sapienti e piacevoli parole, l’illustre relatore ha regalato ai presenti, un’efficace spaccato di storia della Sardegna, dalla mobilitazione contro il tentativo di sbarco dei francesi a Cagliari, allo “scommiato” (cacciata) dei piemontesi del 1794, ed alla sfortunata fine dei moti capeggiati da Giovanni Maria Angioy, attraverso la lettura e l’analisi dell’inno di Francesco Ignazio Mannu “Su patriotu sardu a sos feudatarios” (Il patriota sardo ai feudatari), divenuto dal 28 aprile 2018, inno ufficiale della Sardegna.

Il poema che è testo in tre atti ricco di metafore – coevo della Marsigliese – racconta il dramma profondo durato tre anni affrontato dai sardi con valore, che è pietra miliare nella storia della nostra isola: l’aria minaccia temporale, il popolo sta perdendo la pazienza ed inizia la lotta contro l’anacronistico e vessatorio sistema feudale; un racconto in versi di piacevole lettura, grazie all’abile analisi esplicativa del relatore che ripercorre gli anni cruciali dei moti rivoluzionari che pian piano infiammarono la Sardegna tutta, che si ribellò al potere oppressore dell’allora vigente sistema feudale.

Scritto in logudorese e stampato clandestinamente, con forma di ottave e 47 strofe per 376 versi complessivi, il componimento che ricalca da un punto di vista dei contenuti, chiari schemi tipici del Parini e della letteratura illuministica, divenne il canto di guerra degli oppositori sardi.

Il poemetto, come spiegato dal Prof. Carta, descrive nei minimi dettagli la disastrosa situazione economica che attanaglia l’isola in quel periodo, descrivendo con particolari efficaci lo stato d’animo del popolo che sopraffatto dalle catene del sistema feudale si risveglia dal profondo letargo e reagisce alla prepotenza della tirannia.

Le richieste di autonomia ed il riconoscimento delle prerogative dello Statum Sardiniae non vengono accettate dai reali piemontesi: ai sardi che avevano liberato la Sardegna dai francesi invasori, nulla viene riconosciuto, ecco da dove nasce davvero il 28 aprile ed ecco quindi la cacciata dei piemontesi.

Il famoso l’incipit di ingresso del componimento, con il Procurade ‘e moderare barones sa tiranià, “Cercate di moderare, o Baroni, la vostra tirannia” è un perentorio attacco alla prepotenza dei feudatari, principali responsabili del degrado dell’isola, con anche pesanti invettive contro gli oppressori piemontesi che se ne infischiano della Sardegna, preoccupandosi solo delle proprie ricchezze e di sfruttare l’isola e le sue risorse, in maniera non dissimile dall’atteggiamento che la Spagna tiene nei confronti delle Indie (Fit pro sos piemontesos sa Sardigna una cucagna, che in sas Indias s’Ispagna).

Il canto si conclude con un vigoroso grido d’incitamento alla rivolta, suggellato da un detto di lapidaria efficacia: “Cando si tenet su bentu est prezisu bentulare” … quando (sull’aia) tira il vento favorevole, allora è il momento di separare il grano dalla pula (trebbiare).

Alberto Porcu Zanda

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