A Bruxelles l’Italia prende il posto della Grecia ultima in classifica. Ora una punizione esemplare che sia da monito per gli altri stati

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Nella testa dei leader europei, ormai l’Italia ha preso il posto della Grecia. Se tre anni fa era Atene la pecora nera, oggi lo è Roma. La prima è

finalmente promossa, con un piano di bilancio per la prima volta “conforme al patto di stabilità e crescita”, scandisce Pierre Moscovici dando “l’ottima notizia per il popolo greco e per la zona euro”. L’Italia invece è bocciata, spiega con soddisfazione, si becca un rapporto sul suo debito alto, al 131 per cento del pil, in base all’articolo 126 del Trattato sul Funzionamento dell’Ue. E’ avviata verso una “procedura di infrazione per deficit eccessivo basato sul debito”. Non conta che Grecia e Italia abbiano una situazione economica completamente diversa alle spalle. Il cambio all’ultimo posto in classifica è evidente nella conferenza stampa del Commissario europeo agli Affari Economici insieme al vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis. Oggi con la Grecia i toni sono benevoli. E lo sono anche con i cinque paesi ritenuti a rischio di non ottemperanza con il patto di stabilità e crescita: Belgio, Portogallo, Francia, Slovenia e Spagna. Ma con l’Italia bocciata, paese a guida populista, il primo che arrivi fino a questo punto nella zona euro con un corpo a corpo continuo con le autorità di Bruxelles, i toni sono più che severi. Niente sorrisi, bisogna usare il pungo di ferro. “In questa situazione il dialogo è indispensabile più che mai – si raccomanda ghignando Moscovici – la nostra porta è aperta”. Ma qui, da Bruxelles, sembra che la porta sia aperta innanzitutto verso la procedura di infrazione contro l’Italia. Dopo, se ne potrà parlare. “Se veramente procediamo verso un’apertura della procedura per deficit eccessivo, è più che mai importante che le autorità italiane diano prova di impegno costruttivo…”, dice Moscovici (o vi piegate o vi stritoliamo). Cosa succederà? Il D-day della Commissione qui a Bruxelles si consuma in una partecipata conferenza stampa, dove le domande sull’Italia sottolineano lo shock che la sfida di Roma sta riversando su tutta l’Ue. Nel frattempo dall’Italia arrivano i primi commenti a caldo dal governo che sembrerebbe tirare dritto, senza rivedere le due spese maggiori: reddito di cittadinanza e quota 100 per le pensioni. Se glielo si fa notare a Moscovici, lui allarga le braccia, poi si strofina le mani. I toni alti di Roma potrebbero anche accelerare i tempi delle decisioni europee.

Per ora ci sono altre “due settimane di tempo”. Sembra che il Comitato economico e finanziario dell’Ecofin, cui spetta dare un parere sulla procedura contro Roma, formato dai direttori del Tesoro dei paesi della zona euro, le sfrutterà tutte. Insomma non anticiperà la decisione sull’Italia alla riunione prevista per domani o a quella di lunedì. Ma alla fine dirà sì. “Spetta agli Stati membri presentare una risposta entro due settimane – dice Moscovici – e se fossero d’accordo con la Commissione, cosa che sarebbe logica, allora la Commissione lavorerà ad una procedura per deficit eccessivo nonché a una nuova raccomandazione per l’Italia, affinché vengano corretti il deficit e la traiettoria del debito”.

A quel punto, spetta all’Ecofin, il consiglio dei ministri economici dell’Ue, esprimersi: dovrà farlo entro il primo febbraio. Ecco perché viene comunemente considerata utile la riunione del 22 gennaio per l’apertura formale della procedura contro Roma. Da quel momento in poi, Commissione e Consiglio possono chiedere a Roma un aggiustamento del bilancio: possono farlo nel giro di tre mesi oppure sei. Ma per l’Italia i pronostici parlano del percorso più breve: forse una manovra correttiva da 20 miliardi l’anno prossimo, ma potrebbero essere anche 60 miliardi di euro. Ufficialmente in Commissione non si sbilanciano. Il punto è che, al più tardi, la ‘bomba’ scoppierà proprio alla vigilia delle europee di maggio, in piena campagna elettorale.

Sempre che l’Ecofin non decida prima. Moscovici insiste sull’importanza dei toni. Ma da Roma continuano a essere alti. E questo potrebbe accelerare la macchina europea: magari una procedura potrebbe arrivare già entro la fine dell’anno, dicono fonti europee della Commissione.

Sabato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte vedrà a cena Jean Claude Juncker a Bruxelles. Ma i tempi di negoziato si allungano di certo oltre la fine della settimana, la cena non si annuncia affatto risolutiva, qualcuno consiglia a Conte di portare qualche bottiglia di quello buono, chissà… E poi a Bruxelles ormai chiedono un’inversione netta. Non stanno nemmeno ad aspettare l’iter della manovra in Parlamento: “Da lì possono arrivare correzioni minime che non cambiano i saldi finali…”, dice una fonte Ue a Palazzo Berlaymont. E poi non si fidano, ormai.

“Negli ultimi mesi, sia Dombrovkis che io abbiamo incontrato Tria più di quanto possa ricordare – dice Moscovici – io sono stato due giorni a Roma il mese scorso, ma purtroppo le nostre domande, i nostri dubbi sulla crescita e sulle proiezioni del debito italiano permangono: non abbiamo ricevuto alcuna risposta”. E via con le domande: “Da dove proviene questa crescita aggiuntiva? Le previsioni autunnali della Commissione spiegano i nostri dubbi. Chi pagherà il costo della maggiore spesa? Questo bilancio presenta rischi per l’economia italiana, le aziende, i risparmiatori e i contribuenti. Oggi la Commissione europea si sta prendendo le responsabilità legali e politiche nell’interesse dell’Italia e della zona euro per le dimensioni del debito pubblico italiano: non vediamo questo declino nei prossimi anni e questa resta la nostra maggiore preoccupazione. L’Italia non sta rispettando il criterio del debito ed è giustificata una procedura per deficit eccessiva basata sul debito…”. Poi attacca: Roma ‘supera’ Atene conquistando l’ultimo posto in classifica per “inadempienza grave”. “Il debito italiano è previsto rimanere a circa il 131% nei prossimi due anni – dice Dombrovskis – Si tratta di un indebitamento medio di 37mila euro e di mille euro per ogni singolo abitante all’anno. Non crediamo che questo possa contribuire alla stabilità economica, anzi può determinare un’austerità aggravata e il rischio di scivolare nella instabilità. Spero che questo rischio venga evitato, perché, in fin dei conti, quello che è in gioco sono il benessere e la prosperità futura del popolo italiano. Il nostro lavoro è di segnalare i rischi… prima che sia troppo tardi”.  

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