Ezio Bosso, musicista, compositore, direttore d’orchestra, notissimo al grande pubblico, si è spento stanotte a Bologna a causa dell’aggravarsi della patologia neurodegenerativa di cui soffriva: aveva 48 anni e dal 2011 aveva ingaggiato una impari lotta con una malattia al cervello che ne aveva pian piano limitato le capacità motorie senza riuscire però ad intaccare o solamente fiaccare la sua enorme vitalità umana, professionale e comunicativa.
Le esequie avverranno – per volere dei familiari – in forma strettamente privata.
Di lui rimarrà una grande testimonianza non solo in campo musicale: è stato nel corso della sua luminosa carriera un pluripremiato compositore, suonando nelle nelle più prestigiose istituzioni del mondo, quali la Royal Opera House, il Wiener Staatsoper, il Bolshoij, il Théâtre du Châtelet ed il San Francisco Ballet, il New York City Ballet.
E’ stato anche direttore, per citarne solo alcune, della Filarmonica Toscanini di Parma, dell’Orchestra del Teatro Regio di Torino, del Teatro Comunale di Bologna, della Filarmonica della Fenice di Venezia, del Teatro Verdi di Trieste, della London Simphony Orchestra, dell’Orchestra dell’Accademia del Teatro alla Scala, l’Orchestra da Camera di Mantova, l’Orchestra del Teatro San Carlo di Napoli, l’Orchestra Sinfonica Siciliana.
L’approccio musicale per Ezio Bosso, fu con il contrabbasso cui dedicò una rigorosa formazione durata un decennio. Poi passò al pianoforte e da ultimo alla direzione d’orchestra.
La musica era un tutt’uno con Ezio Bosso e lui era un tutt’uno con le orchestre che dirigeva; aveva una memoria prodigiosa, conosceva a memoria tutti gli spartiti musicali: “Sul palco sono senza spartito – ha dichiarato una volta – faccio tutto a memoria. Quando dirigo è come se avessi tutti i suoni scritti, primi e secondi violini, violoncelli, bassi, flauti, oboi, clarinetti, fagotti, corni, trombe, tromboni, percussioni, io li ho davanti, per me è un contatto visivo, dirigere con gli occhi, con i sorrisi, mando anche baci quando qualcuno ha fatto bene”.
Tuttavia nel mondo della musica, non fu tutto semplice per lui, figlio di ferroviere che ambiva a diventare un grande musicista ed anche un abile direttore d’orchestra: dovette soffrire, affrontare pregiudizi e difficoltà, ma raggiunse l’obiettivo.
L’applicazione, lo studio e una volontà ferrea per la amata musica che era sopra a tutto, lo aiutarono anche nel percorso doloroso della malattia che anno dopo anno lo ha divorato.
In una occasione ebbe a dire: “Della musica abbiamo bisogno, la musica produce benessere, è coadiuvante sociale e terapia per la società per un mondo migliore”.
Di lui mancherà d’ora in avanti il suo essere spontaneo e ironico, il suo grande entusiasmo, il suo inconfondibile e contagioso sorriso, le parole da grande comunicatore, i suoi pensieri ricchi e profondi che tanto facevano emozionare.
Nella sua ultima apparizione in tv, ospite della trasmissione Propaganda Live, recente meno di un mese, le sue parole affaticate e rese difficoltose dalla malattia furono non per se stesso ma per gli altri: “Come va? – rispose – Come va per gli altri, non per me. Come va per il mio Paese, per i miei fratelli, per i musicisti, per chi è senza lavoro”.
Alberto Porcu Zanda