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All’età di 73 anni, è morto stamani in Normandia il fondatore di Emergency: la notizia è stata diramata solo poche ore fa, da fonti della famiglia. Bipartisan le manifestazioni di cordoglio da parte della politica e delle istituzioni.

Non si conoscono ancora le cause del decesso, che è avvenuto improvvisamente: proprio oggi Gino Strada aveva firmato su La Stampa, un articolo sull’Afghanistan e sulla nuova avanzata al potere dei Talebani.

Pare soffrisse al cuore ed in effetti nelle sue ultime apparizioni pubbliche era apparso smagrito ed affaticato.

Filantropo, uomo giusto e di pace, in più di 25 anni, Strada si è battuto sempre per i diritti e la giustizia sociale e sanitaria, curando gratis milioni di persone; per sette anni ha curato le vittime di guerra e di mine antiuomo; ha costruito ospedali in 18 paesi del globo, per dare assistenza ai più poveri e derelitti del mondo.

Paladino dei diritti umani, innumerevoli sono state le iniziative umanitarie che hanno contraddistinto la vita di Gino Strada: credeva nella pace ed aveva scelto di stare con gli ultimi e con quelli che hanno bisogno di cure.

“Io non sono pacifista – ebbe a dire più volte – io sono contro la guerra. Se uno di noi, uno qualsiasi di noi esseri umani, in questo momento sta soffrendo come un cane, è malato o ha fame, questa è cosa che ci riguarda tutti. Ci deve riguardare tutti, non possiamo girarci dall’altra parte, perchè ignorare la sofferenza di un uomo è sempre un atto di violenza e tra i più vigliacchi”.

Dopo la laurea In Medicina nel 1978 all’Università di Milano, si specializza in Chirurgia d’urgenza. Lavora da subito, prima in Italia all’ospedale di Rho; poi come chirurgo traumatologico, cura le vittime di guerra lavorando negli USA, nel Regno Unito e in Sudafrica.

Dagli anni Ottanta alla metà degli anni Novanta si impegna con la Croce Rossa per curare le vittime di guerra in varie zone come Pakistan e Bosnia. Nel 1994, fonda con la moglie Teresa Sarti (poi scomparsa prematuramente nel 2009) la ONG Emergency.

Mancherà la sua attività instancabile, mancherà la sua schiettezza e quella intransigente rettitudine di pensiero che è racchiusa in un suo concetto, ovvio quanto (purtroppo ancora) utopico: “I diritti degli uomini devono essere di tutti, sennò chiamateli privilegi”.

Alberto Porcu Zanda

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