Ai sindaci è vietato prendere posizione sul referendum

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Nella Gazzetta Ufficiale n. 227 del 28 settembre 2016, è stato pubblicato il Decreto del Presidente della Repubblica 27 settembre 2016  relativo all’indizione del referendum popolare confermativo della legge costituzionale per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione. Il Corecom ( Comitato Regionale per le comunicazioni della regione autonoma della Sardegna) ha inviato una nota a tutti i sindaci rammentando loro che, dalla data di convocazione dei comizi è ufficialmente avviata la campagna referendaria, durante la quale le attività di comunicazione politica e istituzionale sono soggette alle disposizioni della legge 22 febbraio 2000, n. 28 e raccomanda la puntuale osservanza delle disposizioni, ricordando in particolare che, dalla data di convocazione dei comizi e fino alla chiusura delle operazioni di voto è fatto divieto a tutte le amministrazioni pubbliche di svolgere attività di comunicazione ad eccezione di quelle effettuate in forma impersonale ed indispensabili per l’efficace assolvimento delle proprie funzioni.  Nei quindici giorni precedenti la data delle votazioni è vietato rendere pubblici o, comunque, diffondere i risultati di sondaggi demoscopici sull’esito delle elezioni e sugli orientamenti politici e di voto degli elettori, anche se tali sondaggi sono stati effettuati in un periodo precedente a quello del divieto (articolo 8, comma 1, della legge n. 28/2000).

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Se volete sapere come voterà il vostro sindaco al prossimo referendum molti di loro vi mostreranno una lettera del Corecom (che vigila sul rispetto della par condicio) che ricorda il divieto per le pubbliche amministrazioni di svolgere attività di propaganda e di comunicazione. Questo vuol dire che dal momento che i sindaci sono i capi delle rispettive amministrazioni, non possono esporsi e prendere posizione sul referendum.
E’ giusto, è sbagliato? Chi lo sa, sappiamo per certo che questa nostra Italia a volte è un po’ strana. Un sindaco non può dichiarare pubblicamente il suo orientamento di voto a un referendum costituzionale, perché così facendo influenzerebbe indebitamente gli elettori.
Questa regola non vale per il premier Renzi  e i suoi ministri, che stanno girando la nazione in lungo e in largo e zompando come canguri da una trasmissione all’altra. Ma il problema per la condicio sono i sindaci, che non devono schierarsi, perché potrebbero alterare il voto. Il Corecom  dovrebbe spiegare perché il premier può influenzare il popolo e un sindaco no. Diciamo che anche questa legge come tutte è suscettibile di interpretazione, e così alcuni sindaci staranno zitti ed altri diranno la loro apertamente.

Ricordiamo che a fine ottobre la Regione  Friuli-Venezia Giulia, è incappata in una sanzione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), perché ha violato le regole della par condicio in vigore in vista del referendum costituzionale di dicembre. La violazione, si riferisce al convegno in cui vennero illustrati alla presenza del ministro Enrico Costa, dei presidenti delle Province di Trento e Bolzano e di un rappresentante della giunta sarda i contenuti della “Carta di Udine”. Durante l’incontro, tra i vari temi analizzati, si parlò anche di riforma costituzionale e referendum con particolare attenzione alle eventuali ricadute di una vittoria dei sì sulle Regioni a Statuto speciale, violando così l’articolo 9 della legge 28/2000 sulla par condicio.

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