
Alessandro Barbero, uno degli storici più noti e apprezzati d’Italia, ha recentemente sollevato un parallelo che fa riflettere: l’epoca che stiamo vivendo oggi presenta inquietanti somiglianze con gli anni che precedettero lo scoppio della Prima Guerra Mondiale nel 1914. Questa analogia, espressa in un intervento pubblico, non è solo un esercizio accademico, ma un monito che invita a guardare con attenzione alle dinamiche geopolitiche, sociali e culturali del presente.
Un passato che si ripete?
Barbero parte da una domanda che, come storico, gli viene posta spesso: a quale periodo del passato assomiglia il nostro tempo? La sua risposta è netta: gli anni immediatamente precedenti il 1914. All’epoca, l’Europa viveva un lungo periodo di pace relativa, interrotto solo da conflitti periferici come le guerre nei Balcani o le imprese coloniali. Analogamente, oggi l’Occidente sembra uscito da decenni di stabilità, se si escludono guerre lontane o “controllate” come quelle in Medio Oriente o nei Balcani negli anni ’90. Eppure, sotto questa apparente calma, si agitano tensioni che ricordano quel passato.
Uno degli elementi centrali dell’analisi di Barbero è la corsa al riarmo. Prima del 1914, le grandi potenze europee – inclusa l’Italia, che si considerava tale nonostante le sue fragilità – aumentarono le spese militari in modo vertiginoso, fino al 50% in pochi anni. L’obiettivo? Garantirsi sicurezza in un clima di crescente sfiducia reciproca. Oggi, assistiamo a un fenomeno simile: i budget militari crescono, le alleanze si rafforzano e la retorica della “minaccia esterna” domina il discorso pubblico. Per Barbero, questo non fa che alimentare un senso di insicurezza e nervosismo, proprio come accadde un secolo fa.
La spirale delle alleanze e il “sacro egoismo”
Un altro parallelo che lo storico sottolinea è il ruolo delle alleanze. Nel 1914, il sistema di patti tra nazioni – come l’alleanza tra Francia e Russia o quella tra Francia e Inghilterra – trasformò una scintilla locale, l’attentato di Sarajevo, in un conflitto globale. Le potenze si trovarono vincolate a entrare in guerra, quasi contro la loro stessa volontà, trascinate da un meccanismo che avevano contribuito a creare. Oggi, in un mondo multipolare, le alleanze – dalla NATO alla crescente cooperazione tra Russia e Cina – potrebbero replicare quella dinamica, rendendo ogni crisi locale un potenziale detonatore.
Barbero cita anche il concetto di “sacro egoismo”, espressione usata dal politico italiano Antonio Salandra nel 1914 per giustificare le scelte nazionali. Questo nazionalismo esasperato, che mette gli interessi di un singolo paese sopra ogni cosa, sembra riaffiorare oggi in molte parti del mondo, alimentando divisioni e ostilità.
La cultura della guerra e il ruolo della società
Un aspetto cruciale dell’analogia di Barbero è il modo in cui la guerra viene percepita e preparata. Prima del 1914, i libri dei generali, come “La Germania e la prossima guerra” di von Bernhardi, contribuivano a diffondere l’idea che un conflitto fosse inevitabile. Oggi, discorsi simili emergono nei media e nella politica: si parla di “prossime guerre”, di nemici da contrastare, di necessità di essere pronti. Questo clima, secondo Barbero, intossica l’opinione pubblica, abituandola all’idea che la pace sia fragile e che la sicurezza si ottenga solo con la forza.
Eppure, lo storico non si limita a tracciare paralleli pessimistici. “Ogni tanto mi dico: ‘Ma no, non è vero che la nostra epoca assomiglia tanto a quella’”, ammette con un pizzico di sarcasmo, riconoscendo le differenze. Il mondo di oggi è più interconnesso, la tecnologia ha cambiato le regole del gioco e le lezioni del passato potrebbero guidarci. Ma poi aggiunge: “Alla fine, credo che dipenderà essenzialmente da noi fare in modo che questa nostra epoca non assomigli troppo a quella che ha preceduto il suicidio dell’Europa nel 1914”.
Un invito alla responsabilità
L’analogia di Barbero non è una profezia, ma un richiamo alla consapevolezza. La Prima Guerra Mondiale fu definita “il suicidio dell’Europa” perché distrusse un continente che sembrava all’apice della sua potenza e prosperità. Oggi, in un contesto di crisi climatica, polarizzazione politica e tensioni internazionali, lo storico ci invita a riflettere: possiamo evitare di ripetere gli errori del passato? La risposta, suggerisce, non sta nei governi o nei generali, ma nella capacità collettiva di scegliere la pace, resistendo alla spirale di paura e ostilità.
In un’epoca che sembra oscillare tra progresso e incertezza, le parole di Barbero risuonano come un appello: la storia non è un destino ineluttabile, ma un insegnamento. Sta a noi decidere come usarlo.

Giornalista. Direttore responsabile