Anci Sardegna celebra Sa die de sa Sardigna

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Anci Sardegna celebra, insieme alle istituzioni regionali e comunali, Sa die de sa Sardigna.

Il 28 aprile 1794 si apre, con la cacciata dei piemontesi, l’esperienza di una rivoluzione sarda.

Cosa ci resta, oggi, di quell’esperienza storica così peculiare?

Ci resta l’ardimento e il sogno di una Sardegna libera, aperta al mondo, bastevole a se stessa, ma proprio per questo capace di dialogare – da pari – con gli altri Stati, le altre nazioni d’Europa e del mondo.

La strada tracciata da Giovanni Maria Angioy, da Michele Obino; il sacrificio di uomini coraggiosi come Francesco Cilocco ci insegnano che la strada dell’autodeterminazione e dell’autogoverno è lunga e piena di ostacoli; insegnano (o dovrebbero insegnare) che non esistono, al di là del Tirreno, “governi amici” per la Sardegna, esistono, semmai, interlocutori da rispettare e dai quali esigere rispetto: ieri e oggi.

Da oltre due anni viviamo in un “tempo sospeso” che rischia di farci dimenticare le tante problematiche “sospese” della Sardegna: fare l’elenco, anche oggi, sarebbe pleonastico. Ciascuno di noi sa – esaminando la vicenda autonomistica – le tante, troppe vicende non ancora risolte nel rapporto fra lo Stato italiano e la Sardegna.

Ma dobbiamo anche ricordarci, dal 1948 ad oggi, di quanto male e parzialmente sia stata usata la nostra Autonomia: nei trasporti, nella sanità, nella scuola, nella democrazia locale.

Da marzo 2020 ad oggi “sembra che il tempo non sia passato”: viviamo un eterno presente acuito, dall’inizio di quest’anno, dalla guerra di aggressione in Ucraina e che rischia di deflagrare in conflitto mondiale col rischio atomico-nucleare.

Eppure, in questo 28 aprile 2022, dobbiamo ricordarci anche di ciò che siamo stati dentro la Storia, quale sia la nostra funzione nel cuore del Mediterraneo, quale futuro è ancora possibile per i sardi e la Sardegna dentro un orizzonte di Pace, ma col rischio concreto di una guerra terribile che potrebbe cambiare le sorti dell’umanità.

Giovanni Maria Angioy scriveva nel 1799:

« Malgrado la cattiva amministrazione, l’insufficienza della popolazione e tutti gli intralci che ostacolano l’agricoltura, il commercio e l’industria, la Sardegna abbonda di tutto ciò che è necessario per il nutrimento e la sussistenza dei suoi abitanti. Se la Sardegna in uno stato di languore, senza governo, senza industria, dopo diversi secoli di disastri, possiede così grandi risorse, bisogna concludere che ben amministrata sarebbe uno degli stati più ricchi d’Europa, e che gli antichi non hanno avuto torto a rappresentarcela come un paese celebre per la sua grandezza, per la sua popolazione e per l’abbondanza della sua produzione. »

Forse da qui dovremmo ripartire per superare questo “tempo mediano”, fra le cose che abbiamo pensato fossero immutabili e un futuro che ci appare così incerto e pieno di ostacoli.

Il Presidente

Emiliano Deiana

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