
“Quante sono le stelle nel cielo? Cosi tante che non si possono contare. E neanche vedere tutte quante”. Comincia cosi “Rumba. L’asino e il bue del presepe di San Francesco nel parcheggio del supermercato”, l’ultimo spettacolo di Ascanio Celestini inserito nella rassegna Questione di Stile del Cedac.
Mercoledì scorso, accompagnato dal fisarmonicista nel ruolo di Pietro, l’attore romano sale sul palco del Massimo portando in scena la vita di San Francesco che da ricco divenne povero a vantaggio dei poveri e degli ultimi. E’ il gancio narrativo, l’ispirazione per parlare delle storie moderne dove razzismo, immigrazione, disprezzo per il diverso sono oramai parte integrante della quotidianità.
Rumba gioca coi paradossi. Se nel Medioevo Francesco coltiva i valori di fratellanza, umiltà, compassione, oggi i lebbrosi possono essere coloro che vivono ai margini delle società attuale. In quel piazzale romano, Ascanio Celestini immagina di vederli all’opera e poco importa se esse siano reali o di fantasia. A tutti loro, è comunque garantito il giusto spazio e pazienza se a qualche spettatore non sarà piaciuta la durata dello spettacolo.
Sono le tematiche che interessano a Celestini e bravo lui, comunque a condirle con un pizzico di ironia. Con la sua voce magnetica e catalizzante, racconta a suo modo la vita del santo di Assisti ma anche quella di Giobbe, il magazziniere analfabeta e di Joseph il barbone nero del supermercato immigrato che faceva il custode al cimitero. E poi la donna con la testa impicciata che annota tutto e il ragazzo algerino Hakimi, malato e detenuto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere.
La scenografia è essenziale: una seggiola in legno, un sipario rosso e quattro casse da bibite. Per il resto, è una prosa efficace e concreta dove eco, ripetizioni, battute sull’attualità si uniscono per dare verve ad uno spettacolo certamente non allegro. Al Massimo, è pura Rumba!
foto di Paolo Piga



Giornalista