Covid19, lettera aperta di Roberta Gessa, segretaria regionale Fp Cgil

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Le notizie divulgate dai media sulla situazione di alcune case di riposo per anziani, a Sassari, a Sanluri, a Bitti,ci allarmano. O forse è meglio dire ci dovrebbero allarmare. Anziani e operatori rinchiusi per giorni, esseri umani lasciati morire senza un tentativo di ricovero in ospedale, nei tanto vituperati e scarni posti letto per acuti. 3.7 posti letto ogni mille abitanti: eccola la cifra fatidica, frutto della fredda contabilità che avrebbe dovuto consentire a tutti, con i maggiori risparmi, di raggiungere la felicità, e che invece ha reso felici solo i governi nazionali e regionali. Qualcuno ha detto che il grado di civiltà di un popolo si misura dalla capacità di cura che si esprime verso i più piccoli del genere umano e verso i più vecchi tra noi. Che grado di civiltà sta palesando la nostra tanto avanzata società?

E’ giunto il momento di fare una valutazione scarna ma chiara: non siamo una società civile. Anche chi si sta fabbricando le mascherine a casa tirando fuori una arrugginita macchina da cucire nei nostri sperduti paesi sa che tutti ci dobbiamo proteggere, per dovere verso noi stessi e verso l’altro. E tutti sanno che il ricovero di un sintomatico ai primi esordi della malattia, soprattutto se anziano, spesso decide tra la vita e la morte. Quindi in Sardegna, così come nel resto del Paese, si sta ragionatamente decidendo che chi è vecchio può anche morire, tanto ha fatto il suo tempo, nella passività del comune sentire. Non ci dobbiamo affaticare per salvarli. C’è qualcuno che decide che non ci interessa che muoiano. C’è chi decide e nessuno si ribella.

Stiamo costruendo recinti di morte, con anziani e operatori, stiamo mettendo in piedi dei nuovi lazzaretti in cui sono rinchiusi coloro i quali sono largamente destinati alla morte insieme a chi li assiste, largamente senza protezione. Smentire questo assunto significherebbe spostare i sintomatici sopra i 70 anni con patologie croniche, per esempio BPCO e cardiopatici, in degenze Covid ordinarie e sotto stretto controllo. La risposta è: non ce la facciamo. Se non lo facciamo, non potremo mai più dire, fino a che resteranno in vita le generazioni che sono oggi vive in Italia, che siamo una società civile.

Per provare a riconquistare comportamenti civili bisognerebbe: Sardegna 1) Fare i tamponi a tutti i ricoverati nelle RSA e nelle strutture per anziani; 2) Fornire i DPI di massima sicurezza a tutti gli operatori; 3) Prevedere Unità Operative geriatriche Covid attrezzate per gli anziani ed il ricovero appena si riscontri anche un solo sintomo tra quelli riconosciuti connessi all’infezione, avendo già acquisito l’esame apposito, il tampone. 4) Lasciare in struttura solo gli asintomatici, sotto stretto controllo della temperatura e della Saturazione, con gli operatori muniti di DPI.

Riconquistare una condotta civile è un dovere per tutti noi, quale che sia il nostro lavoro, ma è chiaro che le responsabilità non sono uguali per tutti. Ci stiamo rivolgendo quindi a tutti, in primo luogo a chi ha responsabilità di governo e di gestione, a cominciare, per quanto riguarda la Sardegna dal Presidente della Regione, dal Consiglio regionale, dai deputati e senatori sardi, fino ai vertici politici e amministrativi della Sanità e della Protezione Civile della Sardegna.

Decidiamo di essere ancora una società civile. La prossima pandemia potrebbe trovare la nostra generazione tra gli over, pensiamoci e impariamo a metterci nei panni dell’altro, più debole e non più produttivo per il mercato.

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