Interrogazione sui latticini “italiani”: 3640 forme di formaggio dalla Romania verso i F.lli Pinna

0 0
Read Time:6 Minute, 46 Second

Interrogazione sui latticini “italiani”, presentata dal senatore Saverio De Bonis (Misto):

“Al ministro delle Politiche agricole alimentari, forestali e del turismo.

Premesso che:

uno dei prodotti italiani a denominazione tra i più famosi nel mondo è il Pecorino romano Dop, la cui zona di produzione comprende il territorio del Lazio e quello della Sardegna;

il comparto ovicaprino nazionale conta 50.000 aziende nel solo settore zootecnico ed oltre 7 milioni di capi. Nella Regione Sardegna esiste la maggiore concentrazione di attività, con oltre 15.000 aziende, un’occupazione tra diretta ed indotto superiore ai 40.000 addetti, un patrimonio di circa 3 milioni di capi ed una produzione di circa 380.000 quintali di prodotti caseari, la gran parte utilizzati per la produzione del Pecorino romano Dop, il cui volume di affari è pari a 180 milioni di Euro l’anno;

secondo il piano di produzione del Consorzio di tutela del Pecorino romano Dop il limite di produzione è di 270.000 quintali di Pecorino Dop, mentre nel 2018 ne sono stati prodotti 341.000 quintali, parzialmente dovuti a vecchie giacenze, nonostante la quantità di latte prodotto in Sardegna sia sostanzialmente stabile negli ultimi anni e pari a 300 milioni di litri;

conseguentemente alla sovra produzione, si sono avuti risvolti sui prezzi di acquisto, applicati non solo dalle imprese ma anche dalle cooperative di trasformazione degli stessi allevatori e il prezzo del latte ovino, che ad inizio 2018 era pari ad 85 centesimi al litro è sceso dall’ottobre 2018 a 60 centesimi al litro, una misura che, come ha certificato l’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (Ismea), non copre i costi di produzione. Conseguentemente, il prezzo del formaggio Pecorino all’ingrosso è sceso tra il 2017 ed il 2018 da 7,7 Euro al chilogrammo a 5,2 Euro al chilogrammo;

considerato che:

l’Italia, nei primi 10 mesi del 2018, ha esportato in Nord America il 46 per cento in meno di Pecorino romano. Si è registrato un export in caduta anche verso l’Asia (meno 25 per cento) e una flessione in Europa (meno 5 per cento). Tuttavia, in questi mercati i consumi non sono diminuiti, ma sono cambiate le fonti di approvvigionamento, sono infatti contestualmente aumentate le esportazioni di prodotti similari del Pecorino da Paesi dell’est Europa, quali Romania e Bulgaria. Questa situazione va avanti già dal 2010, quando le associazioni nazionali degli agricoltori avevano denunciato la società rumena Lactitalia, addirittura partecipata dalla Simest, per aver posto sul mercato internazionale prodotti derivati da latte ovicaprino locale;

il nostro Paese importa oltre un milione di tonnellate di latte straniero, che non potendo più finire sulle tavole grazie all’etichetta di origine, introdotta circa un anno fa, viene utilizzato nell’industria casearia;

tra le industrie casearie più note vi è quella dei “Fratelli Pinna”. Tale azienda ha avuto un contenzioso giudiziario nel 2010. L’associazione degli allevatori aveva diramato un comunicato contro i formaggi prodotti dall’azienda in Romania che, con nomi e bandiera italiana sulla confezione, potevano trarre in inganno i consumatori e danneggiare il mercato nazionale. Non solo, si denunciava che nella compagine di Lactitalia compariva anche la Simest, controllata dal Ministero dello sviluppo economico; uno Stato, insomma, che faceva concorrenza ai suoi produttori e pastori;

in particolare, con sentenza n. 533/2013, in data 2 aprile 2013, il Tribunale di Sassari rigettava le domande proposte da F.lli Pinna Industria Casearia SpA e Roinvest Srl nei confronti di Confederazione Nazionale Coldiretti e di Rti SpA e condannava le società attrici alla rifusione delle spese di lite;

esponeva il Tribunale che dette società avevano agito, lamentando che la Coldiretti avesse diffuso in data 13 settembre 2010 un comunicato stampa con il quale la società di diritto romeno Lactitalia di proprietà per il 29,5 per cento della Simest (controllata dal Ministero dello sviluppo economico) e per il 70,5 per cento della Roinvest (riconducibile per il 70 per cento alla famiglia Pinna di Thiesi ed alla F.lli Pinna SpA) era falsamente accusata di commercializzare i suoi prodotti con marchi richiamanti il made in Italy e di ‘procedere, anche con soldi pubblici a fare concorrenza sleale alle produzioni italiane’;

il Tribunale rigettava le domanda e argomentava osservando che i rilievi concernenti Lactitalia, la partecipazione ad essa del ministero dello Sviluppo economico, l’impiego di marchi fuorvianti come Toscanella, Dolce Vita e Pecorino erano veritieri; che del pari rispondente a verità era che ‘i marchi impiegati nella produzione rumena richiamino il ‘made in Italy’, essendo innegabile che detti prodotti integrino delle tipiche specialità italiane prodotte da una società che, pur essendo rumena, ha una denominazione che fortemente ricorda l’Italia e un logo che reca la bandiera italiana;

avverso detta sentenza i F.lli Pinna Industria Casearia SpA e Roinvest Srl proponevano appello, rigettato ‘dovendosi in toto condividere le osservazioni e le argomentazioni del primo giudice in ordine all’assenza di ogni carattere diffamatorio’;

tutto questo accadeva tra il 2010 ed il 2013, ma agli inizi di giugno 2016, la Polstrada di Pistoia intercettava 3640 forme di formaggio prodotto con latte ovino che dalla Romania viaggiava verso la Sardegna, e più precisamente a Thiesi, verso lo stabilimento dei Fratelli Pinna. Insomma, in un momento in cui pastori ed allevatori fanno i salti mortali per sopravvivere, a causa del prezzo molto basso del latte perché c’è sovrapproduzione, questo viene importato dalla Romania e stagionato in Sardegna per diventare, secondo le norme del codice doganale (Regolamento Cee n. 2913/92: Codice doganale comunitario, Regolamento Cee n. 2454/93: Disposizioni di applicazione del Codice doganale comunitario), prodotto italiano;

infatti, secondo il criterio definito dall’articolo 24 del Codice doganale comunitario, una merce lavorata o trasformata in più Paesi è da considerarsi originaria di quel Paese in cui ha subito: ‘l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale, economicamente giustificata ed effettuata in un’impresa attrezzata a tale scopo, che si sia conclusa con la fabbricazione di un prodotto nuovo od abbia rappresentato una fase importante del processo di fabbricazione’;

tenuto conto che a quanto risulta all’interrogante:

il 14 febbraio 2019 l’Antitrust ha aperto un’inchiesta sul prezzo del latte sardo di pecora destinato alla produzione di Pecorino romano Dop. Il procedimento è stato avviato nei confronti del Consorzio per la tutela del formaggio Pecorino romano e di 32 imprese di trasformazione che vi aderiscono, tutte con sede in Sardegna. L’obiettivo sarebbe verificare se tali soggetti abbiano imposto agli allevatori un prezzo di cessione del latte al di sotto dei costi medi di produzione;

è di questi giorni la notizia che il Governo avrebbe offerto 44 milioni di Euro per il ritiro di 67.000 quintali di formaggio in eccedenza sul mercato, ripartiti tra il ministero dell’interno (14 milioni di Euro), il ministero delle Politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo (10 milioni di Euro), la Regione Sardegna (altri 10 milioni di Euro) e i restanti 10 milioni arriverebbero dal Banco di Sardegna. L’aumento proposto del prezzo del latte sarebbe di 70 centesimi al litro, con l’auspicio che con il ritiro delle forme di Pecorino in eccedenza entro tre-quattro mesi si alzi a 1 Euro. Ma la delegazione dei pastori sardi non sembra soddisfatta, anche perché i 44 milioni di Euro arriverebbero con i tempi lunghi della burocrazia e, nel frattempo, l’industria non può pagare i pastori,

si chiede di sapere:

se il ministro in indirizzo non ritenga di:

valutare se l’assegnazione di risorse a caseifici che hanno provocato delle eccedenze sia compatibile con le regole della concorrenza dell’Unione europea e non configuri aiuto di Stato;

attivarsi presso l’Autorità garante della concorrenza e del mercato affinché accerti, nell’ambito dei propri poteri indipendenti, se sia vero che nel periodo intercorrente tra il mese di marzo e aprile 2016 tutti i caseifici abbiano deciso un abbassamento del prezzo in maniera allineata comunicandolo agli allevatori;

valutare l’opportunità di apportare modifiche al codice doganale per evitare che la fase di stagionatura di un pecorino straniero completata in Italia consenta di attribuire l’italianità al formaggio;

approvare i disciplinari sanzionatori previsti per coloro che violino le regole sulla produzione del Pecorino romano e di qualunque altro prodotto causando il deprezzamento della materia prima;

attivarsi affinché la disposizione citata del Codice doganale comunitario venga soppressa”. (4-01323)

print

Happy
Happy
0 %
Sad
Sad
0 %
Excited
Excited
0 %
Sleepy
Sleepy
0 %
Angry
Angry
0 %
Surprise
Surprise
0 %

Average Rating

5 Star
0%
4 Star
0%
3 Star
0%
2 Star
0%
1 Star
0%

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *