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Bill Gates non ha fatto in tempo ad esortare i Paesi avanzati a rinunciare alla carne naturale in favore di quella sintetica (“vi abituerete presto a nuovi gusti”) che le sue direttive hanno già cominciato a trovare applicazione.

Pochi giorni fa il sindaco di Lione Grégory Doucet ha introdotto in tutte le mense scolastiche delle città il menù vegetariano. Il cibo nel complesso e nelle mense scolastiche in particolare è una componente importante dell’identità nazionale dei francesi.

Il Paese ha reagito: gli agricoltori e allevatori locali sono scesi in piazza portando le proprie capre e mucche innanzi al meraviglioso municipio cittadino in stile barocco. Gli utenti dei social network hanno definito il sindaco un idiota. I vegetariani e gli ambientalisti, invece, hanno supportato strenuamente il divieto imposto sulla carne. Il sindaco ha provato a far passare la propria decisione nel più ampio contesto della pandemia da coronavirus. Tuttavia, nessuno ha creduto alla sua volontà di tutelare la salute dei bambini. Infatti, le mense scolastiche francese funzionavano già benissimo.

La pausa pranzo dura 2 ore, i bambini hanno a disposizione piatti freddi e caldi preparati a partire da prodotti locali, viene effettuato un rigidissimo controllo di qualità sul cibo offerto, vi è un vasto assortimento di frutta e verdura, di carni e latte, sono vietati i distributori automatici.

Il sindaco di Lione, in sostanza, si è accanito su un sistema che è invidiato in tutto il mondo. La guerra culturale contro bistecche e cotolette ha subito assunto una connotazione politica. Lo stesso Doucet, definito il “khmer verde”, ha fatto carriera nel partito Europe Ecologie – Les Verts. La marcia vegetariana del sindaco è stata supportata dai suoi compagni di partito: l’attuale ministra per la Transizione ecologica Barbara Pompini e il ministro della Salute Olivier Véran (un ex socialista). Invece, il ministro degli Interni Gérald Darmanin ha definito la decisione del sindaco di Lione una “umiliazione per gli allevatori e i macellai francesi”. “Basta riempire di ideologia i piatti dei nostri figli!”, ha dichiarato il ministro dell’Agricoltura Julien Denormandie. I conservatori francesi hanno deciso che il progetto del sindaco lionese costituisce un attacco ai loro valori tradizionali e alla loro cultura.

Tuttavia, il problema ha una connotazione di più ampio respiro. Ben prima della pandemia, alla quale oggi si additano tutti i problemi, nei circoli intellettuali si era d’accordo sul fatto che il consumo di carne non fosse adeguato a un uomo contemporaneo illuminato. Infatti, una dopo l’altra hanno fatto coming out come vegetariani diverse personalità culturali note al pubblico. La dieta a base vegetale andava di pari passo con le tecnologie digitali, la globalizzazione, la sinistra, la lotta per i diritti LGBT e il sostegno del Partito democratico statunitense.

Mentre il consumo di carne veniva associato a ben altri concetti: nazionalismo, valori tradizionali, famiglia patriarcale, chiesa, Trump, sparatorie, motori a benzina.

Al comune cittadino occidentale ogni giorno venivano raccontate le sofferenze degli animali da allevamento facendogli dunque pesare il fatto di consumare carne. Joaquin Phoenix, vincitore del premio Oscar per Jocker, si è recato in un macello, ha comprato una mucca e un vitello e li ha portati a brucare al pascolo.

Gli scienziati spiegavano al comune cittadino quanto fosse dannosa la carne rossa. Per confutare le loro teorie è sufficiente prendere in esame i dati statistici relativi al Giappone e comparare la longevità delle persone che seguono una dieta vegetale e i miglioramenti che hanno ottenuto aggiungendo alla loro dieta i grassi e le proteine animali. Altri scienziati producevano teorie secondo cui i pascoli del bestiame di grossa taglia dislocati al posto di giungle impenetrabili fossero la causa della scomparsa delle foreste vergini dell’Amazzonia. Veniva calcolato anche l’impatto del metano prodotto dalle mucche nel totale dei gas serra tanto che è emerso che l’allevamento e l’industria ad esso legata costituiscono una delle principali fonti di inquinamento atmosferico.

Al comparto che fornisce cibo a 8 miliardi di persone è stato attribuita l’arcinota “impronta di carbonio”. Ad esempio, la produzione dell’ottimo cibo francese è responsabile di circa un quarto dell’intera impronta di carbonio del Paese. Anche in questo caso gli scienziati hanno esortato i francesi a mangiare meno carne. Si è dunque venuta gradualmente a creare un’aura di illegalità attorno al consumo di carne.

L’ideologia dominante ritiene che l’industria del latte e della carne sia responsabile del riscaldamento climatico. Volete fermarlo? Passate alle “uova finte”. Non credete al riscaldamento globale? Andatevene via! Per lungo tempo questo problema è rimasto appannaggio di estremisti e di stelle del cinema. Ma questo inverno il rifiuto della carne è diventato un punto ufficiale all’ordine del giorno delle principali organizzazioni internazionali del pianeta.

L’OMS, sullo sfondo della pandemia da coronavirus, ha invitato i governi di tutto il mondo a garantire un menù corretto per le mense. Le autorità devono monitorare che il menù contenga il minor numero possibile di grassi saturi, ossia quelli derivanti da carne e latticini. L’ONU ha previsto per la ne dell’anno un vertice sui “sistemi agricoli”. La tendenza dominante, come si evince dalla neolingua di Davos approvata dall’ONU, consiste nel trasformare i prodotti a base di carne e i latticini in oggetti di lusso interrompendone la produzione e facendo schizzare i loro prezzi alle stelle.

“Il problema principale consiste nel fatto che i prezzi degli alimenti non rispecchiano il loro vero valore”, spiega Lawrence Haddad, economista britannico, direttore di The Global Alliance for Improved Nutrition e uno dei portavoce del Forum di Davos.

“Frutta e verdura devono costituire almeno metà del nostro piatto”, sostiene Agnes Kalibata, inviata speciale dell’ONU. La seconda metà del piatto deve essere costituita da cereali e da qualsivoglia sostituto della carne, come le alternative sintetiche o gli insetti.

La signora Kalibata ci chiede di cambiare la composizione del nostro piatto in maniera rapida e decisa: “Dobbiamo cambiare tutto: il modo in cui produciamo il cibo, come lo acquistiamo, come lo mangiamo”. L’astensione dal consumo di carne e latticini rientra nel noto Grande Reset, annunciato da Klaus Schwab e da altre figure dell’establishment globale.

Il Paese che tenterà di non dare seguito a questa pazzia e che non danneggerà i propri allevamenti sarà immediatamente additato come un terrorista che contribuisce al riscaldamento climatico globale.

Sì, oggi ci può suonare quasi comico. Ma i sostenitori di questa ideologia stanno già tentando di far comparire il presidente brasiliano Bolsonaro innanzi al tribunale de L’Aia per aver disboscato le giungle dell’Amazzonia e avervi predisposto dei pascoli.

Anche solo per il fatto che Bolsonaro è di destra, crede in Dio, simpatizza per Trump, mangia carne, crede che il coronavirus sia una “influenza comune”: insomma, la personificazione di tutti i peccati.

Il “re del clima” John Kerry ha più volte dichiarato che qualsivoglia cambiamento climatico sarà considerato dalle autorità americane una minaccia militare diretta. I partner oltreoceano sono diventati bravi a tradurre le guerre culturali in conflitti armati.

Probabilmente, in un prossimo futuro persino una comune cotoletta di carne naturale potrebbe diventare il pretesto per uno scontro a livello globale

fonte sputnik

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