Medicina dello sport, i ricercatori dell’ateneo di Cagliari premiati in Brasile

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L’Università di Cagliari sul podio in Brasile,  un successo colto dagli specialisti dell’ateneo nell’ambito di studi innovativi, di forte attualità e al centro delle attenzioni del mondo medico e sportivo. L’Aspetar Award per la miglior ricerca scientifica premia il lavoro del team guidato da Carla Maria Calò. La docente del Disva (Dipartimento di scienze della vita e dellambiente) ha coordinato il lavoro che ha visto in prima fila la dottoranda Myosotis Massidda. Ma hanno collaborato anche i medici del Cagliari calcio, Marco Scorcu e Paolo Cugia, la Juntendo University e la Nippon Sport Science University di Tokyo e la Federazione medico sportiva italiana precisa la professoressa. In breve, una sintonia di intenti che premia intuito, competenze ed esperienze trasversali. Lo studio presentato su poster al 35esimo congresso mondiale di Medicina dello sport, è ad alto valore aggiunto anche per lo scenario dei lavori: a Rio hanno partecipato 119 associazioni nazionali iscritte alla Federazione internazionale di medicina dello sport e sono state presentate oltre 360 ricerche scientifiche.

Il progetto ha per obiettivo l’individuazione dei geni responsabili delle variazioni di performance e della predisposizione agli infortuni nei calciatori. Nato nel 2009, ha per capofila l’Università di Cagliari e procede con la preziosa collaborazione dello staff sanitario del club rossoblù: con la società il dipartimento diretto da Anna Maria Fadda ha formalizzato una convenzione nel 2015. Nel merito, gli studiosi hanno individuato una relazione tra il polimorfismo del gene ACE I/D e gli infortuni muscolari nei calciatori. La ricerca ha analizzato il dna di oltre 500 calciatori délite provenienti dal Cagliari e da squadre top-level giapponesi. Attraverso una meta-analisi si è riscontrata un’associazione significativa tra il genotipo DD e gli infortuni muscolari. Relazione che risulta essere presente a prescindere dalla diversa etnia dei giocatori. Lo studio evidenzia che i calciatori portatori dellallele D sembrerebbero protetti dallo sviluppo di lesioni muscolari indotte dalla pratica sportiva in esame. “Ritengo questo risultato molto importante per il futuro delle Scienze motorie e della Medicina dello sport, che oramai dovrebbe avere uno step obbligato che passa attraverso la genetica. I risultati scientifici ottenuti con le nostre ricerche consentiranno di costruire tabelle di allenamento personalizzate in funzione – rimarca Carla Maria Calò – del patrimonio genetico degli atleti. Tabelle finalizzate ad ottimizzare le prestazioni e ridurre il rischio di infortuni e recidive”.

“Grazie ai risultati e ai riconoscimenti scientifici ottenuti in campo internazionale, il progetto ha assunto caratteri intercontinentali e vanta collaborazioni di pregi con atenei italiani, giapponesi, australiani, russi, polacchi e lituani. Inoltre – aggiunge la professoressa Calò – siamo procediamo a stretto contatto con centri di eccellenza della Medicina dello sport come lAspetar, che ha sede in Qatar, e squadre di calcio. Tra queste, Dinamo Kiev, Torino, la nazionale lituana e vari club militanti nella First-League polacca”. Marco Scorcu e Paolo Cugia rilanciano: Serviranno ulteriori approfondimenti e ricerche, ma quanto scoperto potrebbe rivelarsi in futuro fondamentale per gli atleti che, grazie a tabelle di allenamento personalizzate, potrebbero migliorare la qualità delle loro prestazioni, evitando infortuni e recidive. Di fatto, il premio colto a Rio de Janeiro e solo un ulteriore tassello di un percorso scientifico sempre più consolidato. Anche al precedente congresso mondiale di Medicina dello sport tenutosi a Lubiana, la dottoressa Massidda (ricercatrice che opera con un dottorato finanziato dall’Università di Cagliari) ha portato a casa applausi e il riconoscimento per la miglior ricerca scientifica su Poster con lo studio che ha evidenziato una associazione tra il polimorfismo del gene ACTN3 e gli infortuni muscolari nei calciatori. Peraltro, i risultati della ricerca sono stati pubblicati di recente sul Clinical Journal of Sport Medicine (Massidda et al. Clin J Sport Med. 2017).

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