Negli Stati Uniti, lo sport si ferma scrivendo una pagina storica contro il razzismo

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La società americana è smarrita, gli States hanno un problema nuovo anche se annoso, devono oggi confrontarsi non più con un razzismo strisciante, in qualche modo strutturale ed istituzionale, quanto piuttosto con il rigurgito virulento di questo, fuori da quella che può considerarsi una ‘normalità razzista’ di sistema.

Le cronache recenti raccontano di un razzismo nero contro gli afroamericani, che si palesa nelle purtroppo frequenti, violenze della polizia che risponde con brutalità alle proteste ed alle rivolte di una comunità particolarmente sofferente e disagiata.

Il Coronavirus che ha duramente colpito da un punto di vista sanitario, ha fatto il resto, ingigantendo i problemi e frantumando i fragili equilibri di vita di una larga fascia di popolazione, che soffre pesantemente di una disoccupazione sempre più pungente.

E’ ormai qualche mese che gli Stati Uniti non hanno pace ed è a rischio la tenuta sociale dell’intera Unione: la situazione è dilagata con l’uccisione a Minneapolis di George Floyd, l’afroamericano schiacciato a terra da un agente di polizia che lo ha soffocato con un ginocchio sul collo.

La situazione di malessere sociale, è tale che molti Stati dell’Unione – prima che si arrivi ad un punto di non ritorno – stanno seriamente studiando un generale ripensamento del sistema dei dipartimenti di polizia e dei suoi metodi, considerati inadeguati e violenti.

Alcune città e stati americani hanno preso provvedimenti concreti per limitare l’uso della forza della polizia: in California, per esempio, verrà dismesso e non più permesso l’uso della manovra che impedisce l’afflusso di sangue al cervello, nota come ‘presa sulla carotide’; a Seattle la polizia non potrà più usare i gas lacrimogeni per 30 giorni.

Misure che si sono rivelate ancora insufficenti a escludere o perlomeno limitare la rabbia che non si è placata ma è addirittura cresciuta: le città americane dal momento della morte di George Floyd, sono infiammate dalle proteste, Los Angeles, New York, Louisville, Minneapolis, in una escalation di manifestazioni, violenze e rivolte di piazza.

Il momento è doloroso e difficile: è di qualche giorno la notizia di nuovi scontri e disordini nel Wisconsin a seguito del ferimento di Jacob Blake afroamericano sparato alle spalle da un poliziotto.

Ciò che però – in queste ore – fa più notizia è la reazione di una America che stavolta sembra davvero volersi ribellare, scrivere una pagina nuova, inedita, in modo diverso e pacifico: incredibilmente, lo sport, tutto lo sport USA si è fermato per protesta contro il razzismo.

Mercoledì 26 agosto 2020 è già diventata una data storica: l’Nba, il calcio, il baseball, il tennis, il basket femminile, persino il golf, stop assoluto per protesta.

Il gesto è fortissimo, nella notte i campioni dell’NBA che ha guidato la rivolta, non sono scesi in campo; già dal 31 luglio scorso, alla ripresa del campionato dopo il Covid, i giocatori portavano sul retro delle maglie, messaggi di sostegno alla causa antirazzista del movimento Black lives matter.

Ora il livello di sdegno e protesta si è alzato ancora, ed una squadra dopo l’altra ha deciso di non scendere in campo lasciando i parquet vuoti, al pari degli spalti già forzatamente deserti per l’emergenza pandemia.

Non si gioca: per prima la squadra del Wisconsin, i Milwaukee Bucks, ha dato il via, poi tutte le altre con un efficace quanto sorprendente effetto domino.

I Bucks, la squadra migliore della stagione regolare, per protesta non sono scesi in campo mercoledì per il riscaldamento pre-partita, come pure gli Orlando Magic, gli sfidanti, che hanno abbandonato il parquet.

Saltate anche le altre gare del calendario tra Houston Rockets e Oklahoma City Thunder e tra Los Angeles Lakers e Portland Trail Blazers.

Rinviate tutte le partite dall’Nba, dopo che anche i Toronto Raptors ed i Boston Celtics, avevano ipotizzato l’adesione al boicottaggio. Le gare sospese fino ad oggi, dovrebbero riprendere nel weekend.

Fermo anche il baseball, con i giocatori che si rifiutano di scendere in campo per protesta: alcune delle partite di Major League Baseball, Major League Soccer e le tre gare WNBA, sono state annullate. Anche la Wnba, la lega femminile del basket, si è fermata per protesta.

Le giocatrici, impegnate nella fase conclusiva della stagione nella bolla di Bradenton, per protesta si sono radunate al centro del campo in ginocchio.
Le ragazze delle Washington Mystics hanno indossato magliette con disegnati sette fori nella schiena (come i colpi di pistola che hanno colpito Jacob Blake), con anche una lettera, sì che si potesse comporre – ponendosi una affianco alle altre – il nome del ragazzo afroamericano (Jacob), aggredito e colpito.

Nel campionato di calcio, la MLS, Atlanta United e Inter Miami, FC Dallas e Colorado, Portland e San Jose, Real Salt Lake e LAFC, LA Galaxy e Seattle, hanno deciso di non giocare in gesto di solidarietà; l’unica partita disputata è stata quella tra Orlando City e Nashville SC.

La tennista giapponese Naomi Osaka che aveva annunciato di non disputare la semifinale dei Western & Southern Open Usa, è pronta a giocare la semifinale del torneo di Cincinnati.

In una nota rilasciata al Guardian ed al New York Times la giocatrice dichiara: “Come sapete, ieri mi sono ritirata dal torneo per sostenere la lotta contro l’ingiustizia razziale e la continua violenza della polizia. Ero (e sono) pronta a dare il match alla mia avversaria – Tuttavia, dopo il mio annuncio e le ampie consultazioni con il WTA Women’s Circuit e l’American Tennis Federation (USTA), ho accettato di giocare domani – ha concluso la Osaka – Hanno proposto di rinviare tutte le partite a domani e questo porta attenzione al movimento”.

Anche il mondo del golf scende in campo contro il razzismo per bocca di Cameron Champ, player americano con padre di razza mista, che in un videomessaggio arrivato da Olympia Fields (Illinois) dichiara: “Questa è solo la punta dell’iceberg, la gente ha ignorato il problema per troppo tempo e siamo arrivati a un punto in cui la situazione è diventata intollerabile. Il cambiamento deve avvenire e sento che si sta andando nella giusta direzione. Si tratta solo di accendere i riflettori. Per quel che mi riguarda farò tutto quello in cui credo per provare a sostenere il cambiamento. Ho visto molti altri atleti affrontare questi temi. La gente non vuole parlarne ma questa è la realtà in cui viviamo”.

Nel videomessaggio, Champ, indossa una scarpa nera e una bianca, quest’ultima con su scritto, in pennarello: “Jacob Blake” e “BLM” (Black Lives Matter).

Al fianco degli atleti, si è schierato l’ex presidente Barack Obama che su Twitter dichiara: “Mi congratulo con i giocatori dei Bucks per prendere posizione per ciò in cui credono, coach come Doc Rivers, la Nba e la Wnba per dare un esempio. Serviranno tutte le nostre istituzioni per lottare per i nostri valori”.

Anche il candidato democratico alla Casa Bianca Joe Biden, appoggia le proteste dello sport statunitense, scrivendo su Twitter: “Questo momento richiede una leadership morale. E questi giocatori hanno risposto alzandosi in piedi, parlando apertamente e usando la propria voce a fin di bene. Ora non è il momento per il silenzio”.

La candidata alla vice presidenza della Casa Bianca Kamala Harris, a proposito del caso di Jacob Blake, ha dichiarato: “Non c’è da stupirsi che le persone stiano scendendo in piazza e io le sostengo. Dobbiamo sostenere le proteste pacifiche e i manifestanti pacifici”.

Il presidente Trump sul caso Blake è tranchant: “Nba è ormai un’organizzazione politica”.

Gli fa eco Jared Kushner, genero e suo consigliere, che riferendosi alla decisione dei cestisti americani di non scendere in campo in segno di protesta, ironizza: “I giocatori della Nba possono pagarsi il lusso di prendersi una serata di congedo, un lusso che la maggior parte degli americani non può permettersi – soggiungendo – Eʼ bello che prendano posizione sulla questione, ma vorrei vederli impegnarsi in soluzioni costruttive”.

Alberto Porcu Zanda

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