Secondo uno studio condotto dalle Università di Brno e di New Haven, WhatsApp raccoglierebbe diversi dati delle telefonate: dai numeri chiamati alla durata delle conversazioni. I dati registrati da WhatsApp non sono diversi da quelli di una qualsiasi compagnia telefonica, ma dal momento che le telefonate in questo caso passano da internet ci sono anche informazioni aggiuntive, come l’indirizzo Ip personale. Inoltre, facendo parte dell’ecosistema di Facebook, la piattaforma aggiungerebbe dati alla mole di informazioni già raccolta dal social network.
Ma non ci si deve preoccupare più di tanto è arrivato un altro prodotto si tratta di Telegram, una sorta di messaggistica simile a Whatsapp. Uno dei primi ad utilizzarlo è stato Matteo Salvini. E’ ormai una scena abituale vederlo in televisione mentre, durante il collegamento, lancia tweet a ripetizione: destinatari gli elettori e non solo. Il tentativo è quello di coinvolgere gli spettatori.
E’ in questa direzione che va telegram, un coinvolgimento più reale, meno artefatto. Il software ideato dai fratelli Durov arriva in modo più diretto e gode di un alto livello di attenzione. Telegram è a costo zero e non rischia il problema del sovraffollamento: in media leggiamo il 5% di ciò che appare sulla nostra bacheca L’operazione è individuare delle nicchie e proporre loro, in modo strategico, gli argomenti sensibili. Agire direttamente su una o più comunità è garanzia di successo e riduce gli sforzi.
Rispetto al più celebre Whatsapp ci sono le “chat segrete” che consentono di impostare un tempo di autodistruzione dei messaggi scambiati con un altro utente, messaggi che non possono essere inoltrati. Una funzionalità perfetta, ad esempio, per chi non vuole lasciare tracce digitali troppo “scomode” in giro. Grande attenzione anche per la privacy: si può ordinare all’applicazione di autodistruggere messaggi, foto, video e file in un lasso di tempo preimpostato dopo che sono stati letti o aperti dal destinatario. In questo caso il messaggio scomparirà in entrambi i telefoni. Ma siamo sicuri che possano rinunciare a mettere il naso nei nostri affari privati?
Giorgio Lecis
fonte: www.sardegnareporter.it