Poesia, Guido Catalano incontra Bukowski al Massimo

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“Catalano vs Bukowski. Cosa significa? Assolutamente nulla, non è uno scontro perchè perderei”. Accompagnato dal pianoforte e dalla fisarmonica di Matteo Castellan, il poeta, bucchiere di vino rosso in mano, si presenta cosi nella serata organizzata da Madeinsland al Massimo.

 Un reading letterario in cui Catalano confronta i suoi componimenti poetici con quelli, forse meno noti, dello scrittore considerato rivoluzionario. Non è dunque uno spettacolo su Bukowski o tanto meno un racconto della sua vita.

Per quanto visto ieri, si può parlare piuttosto di un dialogo fra due modi molto affini di scrivere. Che sia amore e sesso, infanzia, vecchiaia e persino morte, fra l’autore di “ Compagni di sbronze” e quello de “La Motosega”, vi è una connessione artistica che accorcia le distanze di qualche decennio.

“Nel 1971 – dice il protagonista – Bukowski pubblica Post Office, un romanzo autobiografico che parla di lui e dei suoi dieci anni di sofferenze durissima nelle Poste americane. Il senso di alienazione viene descritto con senso di ironia.  Nello stesso anno, nasco io. E’ forse un caso? Si!!”.

Se all’americano non piacevano, i reading servono al piemontese per sciorinare una forma poetica ironica e dissacrante che fa divertire. A Catalano, cosi come a Bukowski di qualche anno fa, si può criticare di inseguire una poesia lontana dai canoni, di quella che non si insegna a scuola. Tuttavia, è altrettanto vero che occorre essere bravi quando alle metriche tradizionali, si sostituiscono parole e frasi forse poco eleganti ma comunque efficaci per trasmettere le emozioni.

“Texana” fa il paio con “Fuor di metafora” un riferimento non tanto esplicito alla Margherita cantata da Riccardo Cocciante.  “Immaginatevi – dice il cinquantatreenne di Torino – se al prossimo evento ci fossero Cocciantone e Paul Mazurkiewicz dei Cannibal Corps”. Ci sono poi le pfr, le poesie di fine rapporto come “Voglio indietro” e “La Solitud” quest’ultima scritta “quando io e la mia fidanzata ci lasciammo in una estate calda. Volevo andare in Grecia e mi fermai a Milano”.  Cosi ai versi di “Lucciole”, “Voglio indietro”, “ “Dentro di me c’è un piccolo cane morbidino che dice bau a forma di cuoricini rosa”, si alternano a quelli di “La confessione”, “La doccia” , “Un uccello azzurro”.

Pur non essendo un motivatore, Catalano concede al pubblico i suoi “Consigli” ma ci si saluta, guarda caso, con la dolcezza di una poesia che dice: “Teniamoci stretti che c’è vento forte”.

foto di Dietrich Steinmetz

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