Un ulivo in omaggio a Nabeel Khair

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Primo medico deceduto in Sardegna a causa del Coronavirus, Nabeel Khair si ammalò nel marzo scorso, arrendendosi alla malattia il successivo 8 aprile a soli 62 anni: oggi Cagliari e l’intera Sardegna lo ha ricordato, rendendogli omaggio con l’intitolazione di un ulivo nei giardini della sede dell’Ordine dei Medici.

Io stesso, l’avevo conosciuto personalmente in un’occasione lieta per le nostre rispettive famiglie: ne ricordo lo sguardo diretto e sincero.

Nabeel Khair era palestinese ma anche italiano, qui si era sposato, aveva studiato e costruito la sua carriera.

Era fortemente radicato nella nostra isola ed il suo ultimo incarico lavorativo, dopo tanti anni come ‘condotto’ ad Aritzo, è stato quello di medico a Tonara.

Nella targa in memoria si legge: “Caduto per Covid 19 nell’esercizio della sua professione”.

La cerimonia in suo ricordo si è svolta oggi alla presenza della consorte dr.ssa Rita Farci, del presidente dell’Ordine dei medici Raimondo Ibba, dell’assessore alla Sanità Mario Nieddu, del sindaco di Tonara Pierpaolo Pau e dei rappresentanti della Comunità palestinese in Sardegna.

Il dr. Nabeel Khair, non solo non aveva mai dimenticato le sue origini, ma era stato anche un importante alto rappresentante della Palestina, grande protagonista anche in Sardegna per la mobilitazione in difesa dei diritti del suo popolo.

Come riporta l’agenzia Ansa, commosso è il ricordo della giovane collega Amneh Al Omary, sarda, ma di origini giordane: “Mi ha seguito all’inizio della sua carriera – ha raccontato durante la cerimonia all’Ordine dei medici – mi ha insegnato tante cose. E mi ha insegnato soprattutto che il paziente non è un corpo a cui appoggiare uno stetoscopio, ma una persona che soffre. Perché lui aveva un cuore grande”.

Anche il presidente dei medici ha ricordato la figura di Nabeel: “Siamo addolorati perché non è più con noi – ha detto Ibba – ma quello che ha fatto rimane. Chi lo ha conosciuto non ha potuto fare a meno di apprezzarlo per il suo impegno. Un uomo che correva da una parte all’altra per le sue missioni, la cura dei pazienti e la causa palestinese”.

Alberto Porcu Zanda

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