La crisi del Cile e la morte de ‘El mimo’ che protestava

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L’America Latina non è poi così lontana e le sacche di crisi sociale, politica ed economica di quei paesi, così diseguali quanto a stato e condizioni di vita delle sue popolazioni, investono anche il mondo occidentale con un problema che dobbiamo sentire come nostro.

Seppure ricca di grandi potenzialità, quella parte delle americhe, presenta tuttavia profonde contraddizioni e la storia politica recente e travagliata, lo dimostra: dittature militari e guerre civili hanno caratterizzato gran parte di quel continente nella seconda metà del ‘900.

In un contesto di grande instabilità caratterizzato dal rischio default in Argentina, dalla guerriglia in Colombia, dal Venezuela sull’orlo della guerra civile, dalle sommosse in Ecuador e dal Messico devastato dai narcos, oggi ciò che preoccupa di più è il Cile che è una polveriere pronta ad esplodere.

Le proteste di popolo erano iniziate lo scorso 18 ottobre e la scusa era stata la legge che prevedeva un rincaro del biglietto (il secondo ritocco in un solo anno) di accesso alla metro di Santiago con il prezzo praticamente raddoppiato nel giro di pochi anni.

Presto le rivendicazioni si sono allargate a temi economici più ampi e da quel momento la gente ha iniziato a non pagare più la metropolitana, gli altri trasporti pubblici e poi a catena sono iniziati i disordini, i saccheggi, gli atti di vandalismo, le rotture dei negozi, delle vetrine, delle stazioni.

Le grandi manifestazioni di massa vanno ancora avanti, nei giorni scorsi oltre un milione di persone ha sfilato come un fiume in piena nel centro di Santiago, chiedendo servizi pubblici efficienti e maggiore giustizia sociale; ma la situazione è fuori controllo, sfuggita di mano alla polizia che risponde alla protesta ed alla guerriglia con la violenza, con abusi sui civili, sulle donne, sugli studenti; inoltre, in queste ore è stato decretato lo stato di emergenza, per la prima volta dai tempi di Pinochet. Il bilancio dopo 4 settimane di guerriglia è di 17mila arresti, 23 morti, cinque dei quali militari ed oltre 2400 feriti.

In questo quadro si colloca la vicenda indicibile della morte di Daniela Carrasco, artista di strada di 36 anni, conosciuta come ‘El mimo’ e diventata simbolo delle proteste in Cile. La sua morte risale al 20 ottobre, il suo corpo era stato trovato impiccato, appeso esposto come un trofeo ad una cancellata in un parco della città metropolitana di Santiago del Cile.

Il giorno precedente, il 19 ottobre Daniela Carrasco era stata in piazza a manifestare ed alcune ore dopo la manifestazione stata fermata dai militari; attivisti ed associazioni, società civile e la famiglia sostengono che il corpo della 36enne artista di strada, presentasse segni di violenza, che sia stata torturata, stuprata e poi uccisa dalla polizia che poi ne ha esposto il cadavere: questo è anche quanto dichiarato dal collettivo Ni Una Menos Chile, che interpreta il gesto come un chiaro monito dei militari per intimidire chi, soprattutto se donna, sta partecipando alle mobilitazioni di questi giorni.
Il rapporto ufficiale della polizia parla di suicidio ed il risultato dell’autopsia refertata dal medico legale sostiene che Daniela Carrasco sia morta per asfissia.

Il sospetto però che ‘El mimo’ abbia subito violenze e poi sia stata assassinata rimane:
“È stata rapita dalle forze militari nei giorni della protesta il 19 ottobre” denuncia il sindacato nazionale  di attori e attrici del Cile, che in questi giorni ha chiesto il chiarimento delle circostanze della morte di Daniela Carrasco.
Lo Stato del Cile deve rispondere e rendere trasparente la partecipazione delle forze di polizia alla sua morte. Siamo sgomenti e chiediamo giustizia”.

Chissà se davvero sapremo mai cosa è accaduto davvero, di certo non si può morire a 36 anni di morte violenta perchè si manifesta e si protesta, tutto ciò è terribile e non può che indignare le coscienze. In questa situazione, l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, la ex presidente cilena Michelle Bachelet, ha deciso d’inviare una missione di osservatori per indagare sulle denunce di violazioni e abusi.

Alberto Porcu Zanda

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