Superbonus: decreto governo è doccia fredda per la Sardegna

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Il decreto del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti sul Superbonus con il divieto esplicito alle Regioni e ai Comuni di acquistare i crediti bloccati in pancia a banche e finanziarie, è stato una doccia fredda per la Sardegna, che aveva appena approvato in Finanziaria un emendamento che, invece, lo prevede.

Lo sottolinea l’opposizione, ma è preoccupata anche la maggioranza.

Francesco Agus, capogruppo dei Progressisti in Consiglio regionale, chiede che si apra un dibattito in Aula su questo tema e sottolinea come l’emendamento approvato che dà la possibilità alla Regione di attivare un meccanismo di acquisizione dei crediti rappresenti “una delle poche cose giuste fatte dalla maggioranza in questa Finanziaria”.”La Giunta e il presidente hanno reagito con il solito sensazionalismo e invece, ieri, la doccia fredda”, commenta l’esponenete dell’opposzione. Secondo il capogruppo progressista, “i casi sono due: o il presidente sapeva di questo indirizzo del Governo, e nonostante tutto non ha ritenuto di informare i sardi, oppure non sapeva niente e, per l’ennesima volta, il ‘governo amico’ non l’ha considerato degno nemmeno di una telefonata”.

Nel centrodestra si dice preoccupato Antonello Peru (Sardegna al centro), il primo con il collega in Consiglio regionale Stefano Tunis (Sardegna20Venti) a proporre una norma in questa direzione. “Il decreto del governo nazionale è un errore gravissimo che rischia di mettere in ginocchio decine di migliaia di imprese in Italia e nell’Isola – denuncia -. Siamo molto preoccupati, i veri problemi per il mancato gettito li avremmo se bloccassimo del tutto il settore delle costruzioni e tutto l’indotto”.

Peru chiede quindi “con forza che si faccia marcia indietro, prima di tutto per salvare le imprese per tutto il lavoro fatto nel 2022”. “Invece di rimettere in moto tutto il comparto delle costruzioni stiamo rischiando di creare una vera e propria spirale al contrario – argomenta il consigliere – che avremmo evitato proprio grazie all’acquisizione dei crediti da parte degli enti pubblici. Non è un caso – conclude – che questa decisione sia stata da subito aspramente criticata proprio dalle associazioni di categoria delle imprese edili a tutti i livelli”.  (Ansa.it)

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