9 novembre 1989 – Trent’anni dalla caduta del Muro di Berlino

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La storia è segnata da date che in qualche modo la dividono in comparti: il 9 novembre 1989 con la caduta del Muro di Berlino, è una di quelle che segnano ‘un al di là ed un al di qua storico’ davvero epocale per il mondo, con l’inizio di una nuova era.

La notte del 9 novembre di 30 anni fa, inizia materialmente lo smantellamento del Muro di Berlino, principale simbolo della Guerra fredda che vedeva contrapposte le due superpotenze egemoni sulla scena mondiale dalla sconfitta del nazismo: Stati Uniti e Unione Sovietica. Da quel momento parte il processo della riunificazione della Germania che si concluse formalmente il 3 ottobre 1990.

Lungo circa 150 Km ed alto 3,60 mt., il Berliner Mauer (il suo vero nome era Antifaschistischer Schutzwall – Barriera di protezione antifascista) era un sistema di fortificazioni fatto costruire dal governo della Germania dell’Est (Repubblica Democratica Tedesca) sotto il controllo sovietico, per impedire la libera circolazione delle persone che durò in piedi, in tutta la sua insuperabile durezza ben 28 anni: fu edificato a partire dalle prime ore del 13 agosto del 1961, nel silenzio assordante ed inerte di tutto il mondo occidentale, con i soldati della Germania dell’est che dapprima interruppero tutti i collegamenti tra Berlino est e ovest e poi davanti agli occhi esterrefatti ed increduli degli abitanti di tutte e due le parti, iniziarono a tirar su un muro che attraversava tutta la città, che divideva le famiglie in due, tagliava la strada tra casa e posto di lavoro, scuola, università.

Inizialmente costituito da pali e filo spinato, negli anni successivi il Muro – controllato da torrette e posti di blocco – fu ampliato e reso sempre più impenetrabile con la costruzione di un’altro parallelo, così da formare nel mezzo una lingua di terra nota come ‘la striscia della morte’, presidiata da cecchini.

Nel corso dei 28 anni durante i quali rimase funzionante, oltre duecento persone, hanno perso la vita, sparate dalle guardie mentre provavano a fuggire verso Berlino Ovest; cinquemila circa invece, riuscirono a varcare il confine, nei modi più diversi, scappando nascosti nei bagagliai delle auto od utilizzando tunnel scavati al di sotto del muro. Comunque le fughe riuscite erano minime rispetto ai tentativi perchè fuggire era difficilissimo, c’erano fossati, filo spinato, cani da guardia e mine; per evitare che qualcuno si gettasse dagli edifici adiacenti al muro per oltrepassarlo (cosa che avvenne nel primissimo periodo di costruzione del muro), la Germania Est fece murare le finestre che affacciavano sul muro ed – in alcuni casi – demolire alcuni edifici immediatamente adiacenti al perimetro della barriera.

Per comprendere la reale portata storica della ‘Caduta’, bisogna tornare indietro nel tempo e capire il perchè il Muro fu eretto: nel 1945, finita la Guerra, le potenze vincitrici che avevano sconfitto il nazismo, nelle conferenze di Yalta e Potsdam deliberarono di dividere la Germania in quattro zone di occupazione controllate da Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna e Unione Sovietica.

L’Europa in quel periodo era spaccata in due blocchi contrapposti, a Est c’erano le nazioni sotto l’influenza sovietica e comunista del c.d. Patto di Varsavia (contrapposto al patto Nato dell’Occidente) e ad Ovest quelle che si trovavano sotto la sfera di influenza degli Stati Uniti.

Quelli post bellici, erano anni di grandi tensioni politiche internazionali, inoltre la Germania – così com’era divisa in due blocchi contrapposti – faceva avvertire nettamente ai rispettivi abitanti, la differenza tra il modello statalista sovietico e il capitalismo liberale e consumista dell’Europa: la Germania occidentale grazie agli aiuti statunitensi viveva un grande boom economico che creava benessere e serenità; la parte orientale che faticava invece a riprendersi dalla guerra per le pesanti richieste economiche fatte dall’Unione Sovietica per riparare i danni subiti nel conflitto, offriva ai suoi cittadini uno standard esistenziale mediocre e decisamente infelice.

Questo malessere sociale, questa voglia di una vita migliore, provocò un sempre maggiore ed incontrollabile esodo di popolazione dalla Repubblica Democratica Tedesca dell’est (Ddr), verso la Repubblica Federale di Germania (Germania Ovest), più ricca e desiderata; le fonti stimano che tra il 1949 e il 1961, fuggirono dalla parte est della Germania più di 2,6 milioni di tedeschi, su una popolazione totale di 17 milioni.

E’ in questo contesto, che la guerra fredda deflagra e – essendo la Germania est sull’orlo del collasso economico e sociale – il governo filosovietico prende quindi la decisione di chiudere tutto il confine, per fermare l’esodo della popolazione: da allora, furono poi 28 lunghi anni di mancanza libertà, di vera e propria prigionia per tutti gli abitanti della Ddr.

Tuttavia, il 1989 ed il fatidico 9 novembre con la Caduta del Muro, altro non sono se non il momento finale di un lento processo che aveva preso le mosse nei primi anni ’80: tutto è iniziato con i movimenti di lotta nei cantieri navali di Danzica in Polonia, con la forza dirompente e innovativa della rappresentanza sindacale di Solidarnosc, con la Perestroika e la Glasnost nel regime sovietico: fenomeni prodromici di un momento finale che è stato sì la fine di un mondo, ma anche il momento di ripartenza e rinascita storica per la libertà e la democrazia.

Del resto, in quella estate del 1989, i segni tangibili che l’intero sistema della Ddr sarebbe crollato a breve, erano state le fughe estive di tedeschi orientali attraverso Ungheria e Cecoslovacchia, l’apertura delle frontiere fra Austria e Ungheria, le dimissioni del leader della Ddr Erich Honecker il 18 ottobre e poi le grandi manifestazioni di popolo ad Alexanderpaltz ed a Lipsia che reclamavano libertà di espressione, di opinione e di movimento.

Quel Muro vergogna della storia, infine dopo 28 interminabili anni, finalmente cadde, riportando il colore della libertà nella Berlino est che viveva ancora in bianco e nero: una città rimasta indietro agli anni ’50, dalle Trabant con il cofano in cartone che appestavano l’aria con i loro motori super inquinanti, con le case dalle luci fioche per la bassa tensione dell’energia e senza telefoni, senza la tecnologia ed i prodotti di prima necessità che erano cose quotidiane e normali soltanto a poche centinaia di metri di distanza, dietro il Muro.

Questo il racconto dei fatti: ma perchè tutto diventi poi ‘storia’, occorre qualcosa di più, una scusa, una miccia che provochi lo scoppio; in quell’ormai lontano 9 novembre 1989, ciò che provocò materialmente la fine del regime, fu una svista nella dichiarazione del portavoce del governo della Ddr, Guenter Schabowski che durante una conferenza stampa, dopo aver comunicato che si può oltrepassare il Muro, alla domanda formulatagli dal corrispondente dell’Ansa Riccardo Erhman, che chiese da quando sarebbe stata operativa la legge, rispose “Da subito”. Erano le ore 19:00: da quel momento, nel giro di qualche decina di minuti, migliaia di berlinesi dell’Est si spingono verso la frontiera; le guardie, colte di sorpresa da un afflusso così massiccio, alzano le sbarre permettendo a tutti di passare senza controlli.

Quei momenti sono scolpiti nella memoria grazie alle tantissime immagini che ne segnano indelebilmente il ricordo: l’ora era scoccata, la folla di gente che si riversa al di là del muro, le urla, gli abbracci, l’accoglienza tra gli applausi dei concittadini dell’Ovest che possono rivedere e ricongiungersi ai propri parenti, l’incredulità e la curiosità di molti giovani che videro luoghi di cui avevano soltanto sentito parlare; dopo quasi tre decenni di divisione e grazie ad una rivoluzione pacifica, Berlino ridiventa Berlino e la storia del mondo volta pagina.

Alberto Porcu Zanda

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