Bitti, le launeddas protagoniste nella prima del film “Aureliu su mastru mannu de sa musica sarda”

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Dopodomani, (venerdì 26 gennaio) le launeddas in primo piano a Bitti (NU), con la proiezione (in prima italiana) del film “Aureliu su mastru mannu de sa musica sarda”, un documentario sul celebre maestro di launeddas, diretto da Rosalie Schweizer e ideato e prodotto da Dante Olianas per Iscandula e per RS Filmproduction nel 1992.

Alla presentazione, con inizio alle 20.00 nei locali del Cinema Ariston (con ingresso gratuito), introdotta e coordinata dall’artista bittese Diego Asproni, intervengono Dante Olianas, presidente e fondatore dell’Associazione Iscandula, Daniele Cossellu, fondatore e leader storico del Tenore di Bitti “Remunnu ‘e Locu”, e, in collegamento Zoom, Peter Ian Crawford, professore di Antropologia Visuale alla UiT The Arctic University of Norway e Segretario Generale del NAFA (Nordic Anthropological Film Association). Ad accompagnare l’evento alcune esecuzioni dal vivo del Tenore di Bitti.

“Aureliu su mastru mannu de sa musica sarda”, nasce per volontà dell’Associazione Iscandula, sulla scia dei lavori realizzati dall’antropologo danese Andreas Fridolin Weis Bentzon (di cui Aurelio Porcu è stato informatore) che ha ampiamente contribuito, con il suo lavoro di documentazione, alla rinascita delle launeddas e alla salvaguardia di questo enorme patrimonio materiale e immateriale della cultura sarda.

Il documentario è stato girato nel 1991 su pellicola 16 millimetri, in bianco e nero (durata di 52 minuti), quando Aurelio Porcu aveva già 77 anni, ma era ancora in grado di far fronte agli ingaggi che gli arrivavano dalle feste paesane. Dal film emergono lo spessore artistico e l’eccezionale versatilità del Maestro, non solo nel contesto locale (come, ad esempio, con il Tenore “Remunnu ‘e Locu” di Bitti) e nazionale, ma anche nell’incontro con musicisti jazz di fama internazionale del calibro di Ornette Coleman e Don Cherry, e del famoso tablista indiano Badal Roy, con il quale improvvisa un celebre duetto, impresso nella pellicola.

Nel film confluiscono anche alcune scene girate a Villaputzu da Andreas Fridolin Weis Bentzon nel 1962, ora conservate al Danish Film Institute di Copenaghen e presso l’Archivio Iscandula. Senza l’intervento del giovane studioso danese, oggi, molto probabilmente, anche la figura del maestro Porcu sarebbe caduta nell’oblio.

L’opera, ideata e prodotta da Dante Olianas per Iscandula e per la RS Filmproduction, è stata premiata con l’oscar “Goose fat” nel 1992, al festival di Sandbjerg in Danimarca, riservato ai soli registi di cinema antropologico, e ha vinto il secondo premio al GIEFF (German International Ethnographic Film Festival) di Gottinga, in Germania, nel 1993.

La realizzazione del documentario è stata possibile grazie al contributo della CEE (Task Force Risorse Umane), della Regione Autonoma della Sardegna, dell’Assessorato alla Cultura della Provincia di Nuoro, e grazie alla collaborazione con il Danish Film Institute che ha concesso le pellicole originali girate dal Bentzon.

La presentazione di venerdì 26 gennaio è resa possibile grazie alla partecipazione e al contributo del Comune di Bitti, del Ministero della Cultura, della Regione Autonoma della Sardegna, della Fondazione di Sardegna e alla collaborazione della Fondazione Sardegna Film Commission. La serata verrà videoregistrata dal filmaker Reda Mahmoud.

Aurelio Porcu (Villaputzu 1914-2007) da giovane faceva il pastore nel Salto di Quirra. Per passare il tempo iniziò a suonare le launeddas e più tardi decise di investire parte del suo salario per prendere lezioni dal maestro, suo compaesano, il grande Antonio Lara. L’apprendistato si interruppe dopo un anno. A quel punto Aurelio andò a bottega con il fratello di Antonio Emanuele e iniziò a prendere i primi contratti di tzaracchìa (il contratto annuale che impegnava i suonatori per tutti i fine settimana) ad Armungia, diventando anche il suonatore di riferimento per molti paesi dell’Ogliastra e del Campidano. Memorabile il suo impegno continuativo per cinquant’anni consecutivi nel paese di Collinas.

Ma gli introiti delle feste non erano sufficienti per mandare avanti la famiglia e, come la maggior parte dei suonatori, iniziò a fare il calzolaio. Con l’arrivo massiccio delle scarpe preconfezionate chiuse bottega e si mise a fare il barbiere, l’innestatore di vigne e cominciò a coltivare lui stesso la sua vigna e il suo orto.

A partire dalla seconda metà degli anni ’70, con la ripresa della popolarità delle launeddas, riportata alla ribalta grazie anche al lavoro dell’etnomusicologo danese Andreas Fridolin Weis Bentzon (scomparso nel 1971), fu invitato a suonare in diversi contesti organizzati in ambito etnomusicologico in diverse città italiane e all’estero e, negli anni ‘90 ebbe l’occasione di confrontarsi anche con alcuni grandi nomi del jazz: Ornette Coleman, Don Cherry e Badal Roy.

A partire dagli anni ’80, ormai soddisfatto della sua pensione di vecchiaia, Aurelio decide che “de s’arti non ndi fatzu prus nudda” (“posso fare a meno della mia arte”) e si dedica a trasmettere i segreti della sua arte millenaria ai giovani. Insegna in privato a Franco Melis di Tuili che si trasferisce a casa del maestro per tutto il tempo dell’apprendistato, rappresentando l’ultimo esempio di scuola tradizionale e insegna nelle scuole organizzate a questo scopo. Nel 1987, è invitato dall’Associazione Iscandula ad insegnare pratica musicale e costruzione di launeddas in una Corso di Formazione Professionale CEE. Gli fa da assistente il suo pupillo Franco Melis. Dal 1989 al 1991 insegna nel corso di launeddas organizzato a Sestu dalla Cooperativa Comunità di Sestu. Oltre a Franco Melis sono suoi allievi storici Franco Sarritzu, Nino Mura, Tore Trebini, Franco Maxia, Andrea Pisu, Giancarlo Seu e Roberto Anedda.

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