Cagliari. Mostra personale di Antonio Porru alla Basilica San Saturnino

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AGGIORNAMENTO – l’inaugurazione della mostra Apostoli di Antonio Porru prevista per il giorno 6 novembre 2021 è stata annullata e spostata a data da definirsi. Purtroppo questa situazione, assolutamente imprevista ed improvvisa, non è dipesa dalle volontà o responsabilità dell’artista o dei curatori ma dovuta alla tanta burocrazia che attanaglia l’Italia tutta. 
Sarà nostra cura dare la comunicazione della nuova data, appena sarà definita, (forse intorno al 22 novembre).

Cagliari. Il 6 novembre 2021 alle ore 18.00 la Basilica di San Saturnino -Rete Musei Civici Cagliari- ospita la mostra personale Apostoli di Antonio Porru, accompagnata dai testi critici di Gabriele Simongini, Giorgio Pellegrini, Nico Stringa, Alessandro Sitzia

Antonio Porru presenta, la sua seconda importante mostra dopo ben venti anni dall’ultima all’Exmà di Cagliari, per esplicita scelta personale. In esposizione una serie di oltre 90 opere, raccolte in sei gruppi –Apostoli, Cieli, Terre, 1652 peste a Sanluri 2020 Pandemia, Testimoni, Terrecotte-, che dialogano profondamente con lo spazio architettonico: dodici ritratti replicati sei volte e inseriti in un retable di sei pannelli e dodici raffigurazioni di grande formato. 

Durante il vernissage il maestro Gavino Murgia si esibirà in un intervento musicale appositamente dedicato al progetto e all’esposizione. 

Questo è un mondo in cui ciascuno di noi, conoscendo i propri limiti, conoscendo i pericoli della superficialità ed i terrori della fatica, deve attaccarsi a ciò che gli sta più vicino, a ciò che egli conosce, a ciò che può fare, ai suoi amici, alle sue tradizioni, ai suoi amori, per non finire disciolto in una confusione universale, senza sapere nulla, senza amare nulla. Come un lampo, vedendo gli “Apostoli” laici e i ritratti di Antonio Porru mi è tornata alla mente questa riflessione di Robert Oppenheimer […] E proprio questo ho trovato di fulminante nelle opere di Porru, la verità intensa ed ineludibile, anche se fragile, di un’autenticità che si personifica e ci guarda ad occhi spalancati con i visi di familiari, amici, conoscenti che danno vita, complessivamente, ad una sorta di confortante scialuppa di salvataggio nella caotica e spesso insensata tempesta che ogni giorno ci travolge. […] La vocazione artistica di Porru è popolare, nel senso più alto del termine e tale da accomunarlo, mutatis mutandis, a tre grandi artisti sardi come Costantino Nivola, Maria Lai e Pinuccio Sciola. […] Nel caso di Porru questa vocazione popolare si esprime con la massima efficacia, da “cantastorie”, nei graffiti realizzati in tanti paesi della Sardegna, fra cui spicca quello di Sanluri, intitolato “Sinopie di un secolo incerto”, con i dodici “Apostoli” che come apparizioni emergono con la testa, le braccia e le gambe dai muri calcinati del Museo del Pane che diventa il  loro corpo “bianco”. L’interno si proietta all’esterno e quelle figure, sedute, manifestano una immediata propensione al dialogo e alla condivisione diventando messaggeri di autenticità tanto che si potrebbe immaginare qualcosa del genere per tutte le case del paese. Così tutte le opere raccolte nei sette gruppi che innervano la mostra sembrano in realtà frammenti di una sola grande opera murale e corale in cui trova immagine un’umanità concreta e primigenia, colta in tutta la sua sincerità. 

Del resto a Porru non interessa essere originale quanto piuttosto mirare all’originario così come è primigenio per vocazione anche il segno inciso, potente ed essenziale ma anche leggero e lirico, che costituisce la matrice di queste opere più graffite che dipinte, nell’uso di tecniche e materiali semplici ed ascetici quali terra, carboncino, tempera o terracotta. È, questa, un’umanità che resiste al drastico, sconvolgente mutamento antropologico del nostro stare nel mondo sotto il dominio delle corporazioni hi-tech che ci cullano con la promessa di ogni meraviglia e di ogni soluzione per una vita migliore, appagante e cool, in una società ossessionata dal profitto, dal presente e dalla sua ininterrotta partecipazione mediatica e virtuale. 

Gli “Apostoli” in particolare, col solo sguardo e con la loro semplice presenza autenticamente umana, danno testimonianza concreta della fatica, del lavoro, dell’impegno quotidiano di coloro che realmente sono le colonne portanti della famiglia e della società o perlomeno di quel che ne resta oggi. Non a caso, nelle opere in mostra, gli “Apostoli” sono rappresentati a figura intera quasi per sottolineare la solidità del loro ruolo mentre in quasi tutti gli altri ritratti emergono solo la testa e il busto e talvolta, come nella serie a tempera e carboncino del 2020, a quelle figure viene dato un andamento regolare, quasi oggettuale, tanto che alcuni sembrano assumere quasi la forma di vasi antropomorfi. […] Così, in un mondo dove sembra pericoloso perfino abbracciarsi e stringersi la mano e in cui i legami umani sono stati sostituiti dalle connessioni digitali, vien voglia di toccare queste opere così vitali, di sentirne le rughe e l’epidermide materica ma anche quel senso del tempo e della memoria (“La memoria è l’anima”, diceva Umberto Eco) che si portano addosso insieme ad una sorta di misterioso destino esistenziale. [..]” (dal testo critico di Gabriele Simongini)

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