Duro colpo al Governo Renzi. Bocciata la riforma Madia

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Doccia fredda per il governo. Ad una settimana dal referendum, la Corte Costituzionale mette in discussione una delle principali riforme del governo Renzi, quella della pubblica amministrazione che porta il nome del ministro Marianna Madia.  Con la sentenza numero 251 la Corte Costituzionale, non lascia adito a dubbi, a legge delega Madia (la 124 del 2015) sulla riforma della pubblica amministrazione viola la Costituzione laddove prevede di riformare l’assetto pubblico solo “previo parere” e non “previa intesa” con le Regioni. In materie da cui queste non possono essere solo consultate: dai dirigenti della sanità alle partecipate e ai servizi locali come trasporti, rifiuti, illuminazione.
La riforma Madia è dunque «parzialmente illegittima» per l’Alta corte, le direttive unitarie così dettate ledono l’autonomia delle Regioni, non va d’accordo con la Costituzione la parte della legge che “prevede che i decreti legislativi attuativi siano adottati previa acquisizione del parere reso in sede di Conferenza unificata, anzichè previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni”. Per la Consulta, quando c’è una concorrenza di competenza su materie statali e regionali, “è necessario che il legislatore statale rispetti il principio di leale collaborazione e preveda adeguati strumenti di coinvolgimento delle Regioni (e degli enti locali)”. Per fare un esempio concreto, la riforma Madia aveva sottratto alle Regioni il potere di scelta dei direttori generali delle aziende ospedaliere, affidandolo di fatto a una commissione di nomina governativa. Anche per questo il ricorrente, il governatore del Veneto Luca Zaia, esulta per il dietrofront e parla di “sentenza storica” che dà un “colpo al centralismo sanitario governativo”. Un bocciatura sonora, enz’altro la legge delega deve cambiare. Considerati i tempi per l’esercizio della delega, ormai in scadenza, è molto difficile che il Governo possa sanare l’incostituzionalità del Decreto Legislativo sulla Riforma della Dirigenza Pubblica.

La reazione di Renzi alla notizia: “Questo Paese è bloccato. Noi avevamo fatto un decreto per rendere licenziabile il dirigente che non si comporta bene e la Consulta ha detto che siccome non c’è intesa con le Regioni la norma è illegittima. E poi mi dicono che non devo cambiare le regole del Titolo V. Questo Paese è bloccato. A voi sembra normale un meccanismo del genere? Questa è una legge che è stata votata in Parlamento! È chiaro il meccanismo? Arriva la sentenza della Corte e dice: eh no. Io non entro nel merito della discussione, ma vi sembra governabile un paese in cui a forza di questi meccanismi tutto è complicato?“. La sentenza della Consulta diventa così un’ arma di campagna elettorale per spingere sull’acceleratore del cambiamento. Il Comitato Basta un Sì fa immediatamente notare che la riforma costituzionale su cui si pronunceranno gli italiani “permetterebbe di superare” il conflitto Stato-Regioni, “riportando la gestione della pubblica amministrazione, com’è giusto che sia, alla competenza dello Stato, evitando dannosi conflitti con le Regioni”. Dall’altra sponda rispondono:“Dovranno cambiare la riforma. I poteri delle autonomie locali non possono essere scavalcati. Evidentemente potevano pensarci prima” dichiara la leader della Cgil, Susanna Camusso. E di rimbalzo attacca Luigi di Maio:” Io non comprerei mai un’auto usata da questi qui, figuriamoci se gli farei fare la riforma Costituzionale, sono una banda di incompetenti”.

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