L’Europa non ha ancora capito come affrontare l’ondata di immigrazione causata da guerre e povertà (i migranti economici, la maggioranza), ma già si preoccupa di accogliere un nuovo tipo di migrante: il «migrante climatico». Non è ancora chiaro come si possa inquadrare giuridicamente chi emigra per il troppo caldo o il troppo freddo o le troppe piogge o la troppa siccità, e neppure come vadano chiamati: si propongono «profughi ambientali», «rifugiati ambientali», «migranti ambientali», «persone forzate ad emigrare» ma anche «eco profughi».
Nel frattempo la Ue sta correndo ai ripari per colmare il vuoto normativo. Con la Risoluzione del 17 dicembre scorso il Parlamento europeo si impegna ufficialmente a «partecipare attivamente al dibattito sul termine rifugiato climatico, compresa la sua eventuale definizione giuridica nel diritto internazionale o negli accordi internazionali giuridicamente vincolanti». Contestualmente il Parlamento Ue segnala «che 17,5 milioni di persone sono state sfollate nel 2014 a seguito di catastrofi correlate al clima; che tali sfollamenti hanno interessato soprattutto le regioni meridionali (l’Africa subsahariana, ndr), che sono quelle maggiormente esposte agli effetti del cambiamento climatico; sottolinea a tal proposito che l’85 % degli sfollamenti avviene nei Paesi in via di sviluppo», a cui gli Stati membri si sono impegnati a destinare lo 0,7% del Pil europeo.Va detto che le cifre della Ue sui potenziali migranti climatici appaiono ottimistiche. Basta confrontarle con le previsioni dell’Unhcr, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (organismo che fino al 2012 ha avuto come portavoce la nostra Laura Boldrini), secondo il quale entro il 2050 i profughi ambientali potrebbero essere addirittura «200-250 milioni di persone». Attualmente l´Ue sta già finanziando con un budget di 2,6 miliondi euro uno studio intitolato «Migration, Environment and Climate Change: Evidence for Policy» con l’obiettivo di «aumentare la conoscenza sul rapporto tra migrazioni e cambiamento ambientale». In attesa di assegnare ai migranti climatici, come si impegna il Parlamento Ue, un preciso status giuridico da rifugiato ambientale. E capire come distinguere, poi, chi scappa dalle guerre, chi cerca fortuna in Europa e chi fugge dal clima.
Fonte: ilgiornale.it
I primi commenti a “caldo”:
Se valgono anche le ragioni climatiche, allora anch’io mi considero un profugo climatico: a casa mia per sette/otto mesi all’anno è un freddo pazzesco (..e quante persone anziane in inverno soffrono il freddo perchè non possono permettersi il folle costo del riscaldamento?) Posso chiedere asilo “climatico” alle Canarie, o alle Baleari, o a Santo Domingo? Anche Miami andrebbe bene..