Il telefono ci spia: sa sempre dove ci troviamo

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tradimento_siriOgni giorno siamo geo-localizzati ovunque grazie ai programmi che scarichiamo. Dati che servono ai governi ed alle agenzie pubblicitarie. Delle spie digitali super tecnologiche, sempre nella nostra giacca o nella nostra borsa

Informazioni digitali che restano memorizzate grazie al nostro smartphone. Dati che aziende, compagnie internet e governi tentano di usare. “Lo smartphone è un localizzatore di posizione. Ci trova con la triangolazione delle celle, la posizione Gps dei satelliti, e i dati Wi-Fi. Dati sensibili a disposizione del proprio gestore telefonico, che possono essere utilizzati anche dal nostro sistema operativo e dai programmi che scarichiamo, se concediamo loro il consenso.
Ma quali sono i programmi che ci spiano? Quasi tutti. Non solo le mappe e i navigatori satellitari. L’iPhone, ad esempio, memorizza i posti dove ci rechiamo ogni giorno e raccoglie quelli che visitiamo frequentemente. “Tali elementi vengono immagazzinati esclusivamente sul tuo smartphone e non vengono trasmessi ad Apple senza la tua autorizzazione – scrive nella policy Apple – ma verranno utilizzati per procurarti dei servizi su misura”. In breve, un po’ a scopo pubblicitario.

Per avere cognizione di dove ci troviamo, le imprese si basano sui programmi che scarichiamo e usiamo. Se si possiede Google mail, ad esempio, e altri programmi di google, basta digitare Google.it/locationhistory per leggere lo storico delle nostre posizioni satellitari individuate. “Molte persone non sanno di avere la location history avviata, anche da tempo. Che a volte è utilizzata addirittura da partner diffidenti per spiare i movimenti del compagno». “A volte si mettono in azione senza che l’utilizzatore se ne accorga – in istanti in cui non vorrebbe essere spiato”. “Chi procura servizi di posta elettronica al pubblico per legge deve registrare traccia di mittente e suo IP, destinatario, timestamp (data e ora) ma molte volte registrano anche la dimensione del messaggio e subject”.

Tutti i dati, comprese le email, restano nell’archivio di Google a nostra disposizione e su richiesta, anche del governo. Ma anche utilizzando altri programmi, da whatsapp ai browser per navigare su internet restano memorizzati i cosiddetti “metadati” che forniscono qualcosa in più di noi. Rimangono a disposizione di ditte specializzate che realizzano dei profili ad hoc. I quali, naturalmente, vengono venduti. Queste informazioni, unitamente a quelle che forniamo nella vita quotidiana (ad esempio con le carte a punti) vengono intersecati con un programma chiamato onboarding. Anche i social network acquistano profili “offline” per incrementare quelli presi “online” per rendere più indirizzata la pubblicità.

Francesco Polimeni

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