Proposta di strade e prospettive nuove per un giornalismo libero

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È possibile costruire un qualcosa senza prima aver sviluppato delle idee solide che lo sostengano? Se sostituiamo, nella domanda sopra, alla parola “qualcosa” il termine “giornalismo”, otteniamo un quesito meno generale, specifico e che tocca un punto cruciale che sta investendo, in questo particolare periodo di grande trasformazione in tutti gli aspetti della vita della comunità umana, la cosiddetta controinformazione al mainstream italiano: quale pensiero giornalistico informa e pervade infatti la nuova informazione alternativa? Tale inosservato quesito in effetti non cade a sproposito a mio avviso, ma evidenzia un nodo fondamentale che una informazione giornalistica che voglia dirsi libera deve affrontare. Naturalmente una riflessione intorno a questo problema non può non tenere conto del tragico panorama che lo scenario storico attuale, sia mondiale che nostrano, ci mostra. In altre parole essa non può prescindere

0) dalla considerazione delle drammatiche condizioni di sfacelo dell’intero sistema mediatico ufficiale (sfacelo dal punto di vista della assoluta assenza di risposta al compito che un sano giornalismo deve secondo me avere come principio: informare ed educare le masse, indirizzando i loro membri verso un continuo innalzamento del loro livello culturale e di analisi logica della realtà che li circonda) che ha ridotto, insieme ad altri fattori come la Scuola e il disastro economico, il cittadino medio a una condizione di schiavitù mentale;

1) da una continua osservazione dello scontro epocale tra enormi poteri, sia in seno all’Occidente che tra visioni del mondo opposte (mondo unipolare a guida USA contro mondo multipolare con centro nella compagine sinorussa), e delle mosse del sistema dominante occidentale proprio contro questa nuova linea mediatica non allineata;

2) dalla consapevolezza della debolezza della controinformazione causata, a me pare, da una serie di fattori principali:

2.0) il suo svilupparsi prevalentemente all’interno di piattaforme di rete internet totalmente sotto il controllo del potere che in qualsiasi momento può intervenire bloccandola;

2.1) la scarsità di risorse economiche necessarie per svolgere il lavoro del giornalista con il dovuto rigore, nonché la mancanza di mezzi anche infrastrutturali che consentirebbero il raggiungimento di un vasto pubblico (ora si è legati alle visualizzazioni sui social quando addirittura non si è bloccati dagli stessi);

2.2) la mancanza di critica da parte del pubblico abituato a fidarsi del sistema mainstream tradizionale e poco avvezzo a sperimentare forme nuove di comunicazione, e inoltre cresciuto all’interno di una maglia linguistica del circo mediatico che ha inebetito e disorientato milioni di italiani;

2.3) la frammentazione in tanti nuclei poco legati, ciascuno dei quali tenta di tirare acqua al suo mulino. Fin qui cosa naturalmente lecita ma si rischia di creare competizioni inutili mosse dall’ambizioni di arrivare primi nel sostituirsi ai media ufficiali. Non è in questo modo che procede l’informazione libera. Così agisce il capitalismo che ha monopoli da difendere. Ma l’informazione libera e alta è educazione, cultura e non un monopolio da espandere e proteggere.

3) dal porre al centro l’Uomo. Il giornalismo deve, secondo la mia opinione, recuperare lo Spirito greco del rigore logico-matematico, della Filosofia, di Socrate. Deve insegnare il dubbio metodico e a chiedersi il perché delle cose. Le cellule del giornalismo sono le parole, le quali si prestano facilmente a essere fonte di persuasione e manipolazione. Le strutture argomentative giornalistiche che si costruiscono hanno una forza impressionante nell’influenzare una persona. Ecco perché l’informazione libera e onesta non può essere la costola del potere ma al più una sua spina nel fianco.

Non è forse mai esistito un sistema informativo che fosse onesto, imparziale, capace di non fare compromessi e di non essere subordinato al potere. È vero invece che la comunicazione è sempre stata veicolo di propaganda di stato, di partiti, di gruppi economici o potentati vari. È alla luce del sole che nel nostro sistema capitalista la comunicazione è un monopolio in mano a ricchi privati che pensano al loro interesse e al profitto anziché al benessere intellettuale (e non solo) collettivo. Ma bisogna anche ricordare che la mancanza di obiettività è una cosa intrinseca al giornalismo, perché intrinseca al linguaggio che usiamo per raccontare i cosiddetti fatti. Che cosa è un fatto? Cosa vuol dire raccontare il vero? Esiste in altre parole un linguaggio capace di trasmettere il vero? No. Che cosa è la Verità? È evidente quindi che il giornalismo è investito da problemi di carattere e di natura squisitamente filosofica e logica, e un giornalista che vuol dirsi tale non può trascurare queste problematiche. È un problema di interpretazione. In ultima analisi è il nostro stesso cervello a interpretare tutto dandoci l’orientamento, ed è assai facile venir influenzati da un’idea o un opinione specie se veicolati da fattori di carattere emotivo. In suffragio deve perciò intervenire una buona argomentazione e il ragionamento che sgombra la strada dall’errore e dall’inganno. Tuttavia nell’età della Tecnica e della Scienza come si può parlare di Libertà e Democrazia se le Società si trovano a dover fare i conti con questioni che necessitano di grande competenza tecnica? Non siamo più nel periodo in cui un uomo poteva ambire a possedere tutto lo scibile come ai tempi di Dante. Come si fa a parlare di Democrazia in un mondo complesso e composto di otto miliardi di individui? Come si vede siamo di fronte a situazioni profondamente complesse che si inseriscono in un quadro tecnologico dagli aspetti che hanno la caratteristica di schiudere orizzonti culturali terribili: la nostra è l’epoca del transumanesimo che è un evento importantissimo a prescindere da come lo si guarda. Ci troviamo agli albori di una crisi che ci sovrasta incombente e si preannuncia tremenda. Per questo motivo una riflessione di questo tipo, qualora si facesse, rischierebbe di smarginare nell’utopia e nella metafisica dei principi morali. I rapporti interumani infatti sono dettati a tutti i livelli anche da egoismo, interessi, odi, ambizioni, desiderio di comando. Ed è proprio perché stanno così le cose, proprio perché è così l’Uomo che la comunità degli esseri viventi tutti è oggi davanti alla prospettiva di un disastro. Ancora di più quindi il giornalismo deve tenere conto dell’Uomo e dei suoi limiti, senza fermarsi nell’immobile accettazione della realtà come se questa fosse invariable (come il dogma liberista ci fa credere) ma essendo rivoluzionario nel sottoporre al dubbio ogni cosa, ogni costruzione argomentativa, ogni parola, ogni abitudine antropologica. Per comprendere e non per distruggere naturalmente. Rispondere ad un così grande impegno educativo in modo veramente efficace non può bastare la comunicazione giornalistica, ma serve la Scuola e genti riformate intellettualmente e moralmente. Una società del genere non esiste, tanto meno in Italia. Però ora incominciare su questa strada appare ai miei occhi fondamentale poiché non vedo altra via, se non nella informazione libera sorretta da questo pensiero nuovo, per liberare il Paese dal peso di inutili parassiti pazzi che hanno messo le catene al mondo. Un risveglio collettivo, ammesso che possa mai esserci (e io sono pessimista) non so attraverso quali altri modi possa arrivare. E il tempo a disposizione sta scadendo.

Questa mia argomentazione, frutto del mio personale modo di interpretare questo preciso momento storico caotico, vuole essere per prima una autocritica, perché mysterion non è scevra da questi problemi, e inoltre una bozza senza pretesa di esaustività, com’è ovvio, utile a far nascere una vera riflessione riformatrice, come io desidero. Perciò mi auguro che chiunque legga questo articolo diventi consapevole della natura di certi problemi e si appresti a dare il suo contributo per migliorare una situazione orrenda, in particolare tutti coloro che fanno parte del mondo della controinformazione.
Enrico Sanna.

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