Casellati e Fico Presidenti di Senato e Camera

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Centrodestra e M5S convergono sul nome di Maria Elisabetta Alberti Casellati, che diventa la prima donna nella storia repubblicana a ricoprire

la carica di presidente del Senato. Nata a Rovigo 71 anni fa, ha lasciato da pochimesi il Consiglio superiore della magistratura per candidarsi alle elezioni dello scorso 4 marzo, dove è stata eletta al Senato nel collegio uninominale di Venezia.   Alla quinta legislatura a palazzo Madama e due volte sottosegretaria (alla Salute dal 2004 al 2000 e alla Giustizia dal 2008 al 2011), Casellati è una berlusconiana della prima ora, militante in Forza Italia fin dagli albori nel 1994 ed artefice delle leggi ad personam che hanno “salvato” l’ex Cavaliere.   Laureata in giurisprudenza e in diritto canonico nella Pontificia Università Lateranense, è stata ricercatrice universitaria in “Diritto canonico ed ecclesiastico” presso l’Università di Padova. È iscritta all’Ordine avvocati di Padova e vive nella città veneta, dove ha iniziato la sua attività politica.   

Già avvocato matrimonialista (difese Stefano Bettarini durante il divorzio da Simona Ventura), in tema di famiglia non ha mai nascosto lo scetticismo riguardo alle unioni civili, «in alcun modo equiparabili al matrimonio. Lo Stato – ha detto Casellati durante un convegno promosso a Roma dall’associazione Italia più – non può far crescere un minore in una coppia che non sia famiglia».

Camera, dopo una trattativa estenuante e mille colpi di scena, Roberto Fico si prende la sua rivincita e può salire sullo scranno più alto di Montecitorio. Una candidatura che lo metteva a disagio, se intestata solo alla Lega, che non ama, ma che ora è frutto di un accordo collegiale con il centrodestra e che quindi accetta volentieri. 

La «vendetta»

Se diventasse presidente, andrebbe in onda Fico 2 la vendetta, perché già 5 anni fa, alla sua prima apparizione a Montecitorio, il deputato napoletano era stato candidato dai 5 Stelle e poi sconfitto da Laura Boldrini.

Dai meet up alla Rai

Laureato in Scienze della Comunicazione, è uno dei fondatori dei primi meet up di Beppe Grillo, a Napoli, nel 2005. All’epoca si arrabatta tra mille lavori: tour operator, impiegato in un call center, responsabile della comunicazione per un ristorante, importatore di tessuti dal Marocco. Ma poi è la passione politica a prevalere. Prima a sinistra, con il voto per Bassolino e per Rifondazione. Poi con i nascenti 5 Stelle, che lo vedono subito protagonista. Fico — che diventerà membro della Commissione di Vigilanza Rai — diventa il punto di riferimento degli ortodossi e di chi vuole mantenere un presidio contro eventuali derive a destra. Che si verificano puntualmente, sia sui temi dell’immigrazione, sia su quelli delle alleanze. Anche nella gestione interna del Movimento, Fico prova a ritagliarsi un ruolo, appunto, da ortodosso, cercando di fare in modo che M5S resti fedele alle intenzioni delle origini, con una gestione collegiale e democratica.

Per questo non apprezza la nomina a capo politico di Luigi Di Maio e va allo scontro alla festa di Rimini, dove rifiuta di salire sul palco. Ma dopo un duro confronto con il leader dei 5 Stelle, torna nei ranghi. E da allora si instaura una rinnovata sintonia con il Movimento, che lo porta alla rielezione e ora alla Presidenza della Camera. Un modo per premiarne la fedeltà, ma anche di depotenziarlo e dissuaderlo da prese di posizioni polemiche nel caso, ormai decisamente probabile, di alleanze politiche con la Lega Nord. Come quella recentissima del 24 gennaio 2018, quando disse: «Vi garantisco che mai noi saremo alleati con la Lega anche dopo il voto: siamo geneticamente diversi».

 

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