“Il barbiere di Siviglia”secondo Raimondo Mameli: stasera al Teatro del Segno

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“Il barbiere di Siviglia”, celeberrima opera buffa in due atti con musiche di Gioachino Rossini, su libretto di Cesare Sterbini (tratto dall’omonima commedia di Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais) è di scena stasera alle 19.30 al TsE di via Quintino, nel cuore di Is Mirrionis a Cagliari per un nuovo appuntamento con la rassegna “Vieni all’Opera al Teatro TsE” organizzata dal Teatro del Segno in collaborazione con l’Orchestra da Camera “Johann Nepomuk Wendt”, nell’ambito del progetto pluriennale Teatro Senza Quartiere / per un quartiere senza teatro 2017-2026.

Il capolavoro del maestro pesarese racconta la storia di un amore contrastato: un giovane aristocratico, il Conte d’Almaviva, si invaghisce di Rosina, una bella fanciulla affidata a un anziano tutore, don Bartolo (il quale a sua volta segretamente ambisce a sposarla), e dopo averle dichiarato il suo amore, fingendosi però Lindoro, un proprio servitore, forse per saggiarne il cuore, puntando alla sincerità dei sentimenti invece che far affidamento sulla propria condizione sociale, richiede l’aiuto di Figaro, abile barbiere e factotum, per poter incontrare e discorrere con l’amata.

Un piano ingegnoso, comprendente stratagemmi e travestimenti, permette al nobile innamorato di introdursi nella casa, nei panni di un soldato ubriaco e poi di un sedicente insegnante, sostituto di don Basilio, il maestro di musica, ma scoperto e costretto ad allontanarsi, rientra, passando da una finestra, insieme con il barbiere, e apprendendo di essere stato ingiustamente accusato d’aver voluto ingannare l’amata per farsi gioco di lei, per discolparsi le rivela la verità.

Il tutore, intuita la situazione, fa levare la scala per impedire la fuga degli intrusi, ma intanto sopraggiunge il notaio, chiamato a sancire il matrimonio tra il vecchio e la fanciulla che, credendosi tradita da Lindoro/Almaviva, aveva acconsentito a sposarlo, e così gli innamorati, con la “complicità” di Figaro e di don Basilio, riescono a convolare a giuste nozze, sventando le mire di don Bartolo, cui resta la misera consolazione di risparmiare la dote, rifiutata dal Conte a conferma della purezza del suo affetto per la sposa. Il lieto fine, tra gli auspici per un radioso futuro, dopo tante peripezie, sia pure narrate in chiave maliziosa e arguta, segna così il trionfo dell’amore.

Sotto i riflettori il soprano Chiara Loi, nel ruolo di Rosina e il tenore Carlo Cocco nella parte del Conte d’Almaviva, mentre il baritono Manuel Cossu interpreta Figaro e il baritono Roberto Dettori si cimenta con il doppio ruolo di don Bartolo e don Basilio, sulle note dell’Orchestra da Camera “Johann Nepomuk Wendt”, sotto la guida del maestro concertatore e direttore Raimondo Mameli, per una preziosa antologia di arie e duetti, accanto a intriganti pagine strumentali, attraverso cui riscoprire il fascino immortale dell’opera lirica, capace di ammaliare gli spettatori anche alle soglie del Terzo Millennio.

La forza evocativa della musica e il genio di Gioachino Rossini, autore di autentici capolavori della storia del melodramma, come “L’italiana in Algeri” e “La gazza ladra”, “La Cenerentola”, “Il turco in Italia”, “Tancredi”, “Semiramide” e “Guglielmo Tell”, danno vita ne “Il barbiere di Siviglia” a personaggi indimenticabili, a cominciare da Figaro, una sorta di moderno deus ex machina che risolve i dilemmi degli amanti e in qualche modo si fa beffe di chi, confidando nella propria posizione e autorevolezza, vorrebbe abusare dell’ingenuità di una fanciulla, dotata peraltro di sottile intelligenza e di un’astuzia tutta femminile.

Nella famosa e intramontabile opera buffa, rappresentata per la prima volta nel 1816 con il titolo “Almaviva, o sia L’inutile precauzione” (quasi a prendere le distanze da “Il barbiere di Siviglia” di Giovanni Paisiello, di cui avrebbe replicato e anzi superato il successo), spiccano oltre alla cavatina “Ecco, ridente in cielo”, quasi una serenata del Conte all’amata e alla vertiginosa “Largo al factotum”, un vero pezzo di bravura in cui Figaro si presenta stilando l’elenco delle proprie straordinarie qualità e competenze, l’appassionata dichiarazione del giovane innamorato “Se il mio nome saper voi bramate” e la celebre aria di Rosina “Una voce poco fa”, tenera e quasi struggente “confessione” della fanciulla, determinata a seguire il proprio cuore.

E ancora. l’emblematica “La calunnia è un venticello” con cui don Basilio istiga il tutore a usare la maldicenza contro il rivale, mettendo l’accento su un’abitudine e un’attitudine assai diffuse (anche) nella buona società, e l’impegnativa aria di don Bartolo, “A un dottor della mia sorte”; e ancora il comico duetto “Pace e gioia sia con voi” che è quasi un duello di parole (e inganni), ma è ancora Rosina a ribadire la propria scelta in “Contro un cor che accende amore”, fino al momento delle rivelazioni con “Ah! qual colpo inaspettato”, la sorpresa amara di don Bartolo in “Il Conte!… ah, che mai sento!” e l’aria del Conte, con quella ferma esortazione “Cessa di più resistere” che pone fine a malintesi e incertezze, poi il finale “Di sì felice innesto” che chiude l’opera in bellezza e (ritrovata) armonia.

Il barbiere di Siviglia” è una deliziosa commedia in musica che porta in scena, con ironia e leggerezza, le contraddizioni della mente e del cuore e il groviglio delle passioni, in un raffinato gioco di luci e ombre che è anche un omaggio alla grazia e all’intelletto femminile: Rosina è una figura luminosa, che stravolge i luoghi comuni per affermare il suo diritto, oltre alla volontà, di scegliere quale sia l’uomo cui rivolgere il proprio affetto, la persona da sposare e con cui condividere la propria vita.

Una fanciulla, o meglio una giovane donna, la cui ingenuità e modestia non debbono tranne in inganno, perfettamente in grado, malgrado l’inesperienza, di decidere per sé: una moderna eroina, al centro di desideri e intrighi, per una gioiosa fabula, un’opera buffa che reinterpreta personaggi e situazioni “classiche” con la cifra brillante di Beaumarchais, per tradurli grazie all’arte rossiniana in un indimenticabile e convincente affresco di varia umanità.

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