Si beve ovunque, a qualunque ora. Dal 2008 al 2017 in Italia 435mila morti per malattie alcol-correlate

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Roma. L’alcol è la sostanza psicotropa che miete più vittime in termini di dipendenza, rispetto a fumo, droghe sintetiche e cocaina. Sono alcuni dei dati che emergono da un articolato e complesso Rapporto di ricerca, “Indagine sull’Alcolismo in Italia. Tre percorsi di ricerca”, realizzato nell’ambito delle attività previste dall’Osservatorio permanente Eurispes-Enpam su “Salute, previdenza e legalità”.

Dal 2008 al 2017 in Italia sono stati 435mila i morti per malattie alcol-correlate, incidenti, omicidi e suicidi ad esso dovuti. E si tratta di un fenomeno in ascesa: si beve ovunque, a qualunque ora, sempre più lontano dai pasti e soprattutto tra le fasce più giovani della popolazione. Oltre 6 italiani su 10 mettono l’alcol in relazione alla convivialità, al relax, al piacere e alla spensieratezza (63,4%); solo un quarto, al contrario, lo associa a concetti negativi, come la fuga dai problemi, la perdita di controllo e il pericolo (25,6%).

L’indagine ha coinvolto giovani studenti, adolescenti, cittadini e medici. Il fenomeno è stato osservato attraverso tre diverse indagini campionarie, ciascuna delle quali disegna un quadro completo di come sono cambiate e stanno cambiando le abitudini “del bere” nel nostro Paese, di quanto sia diffuso e radicato il fenomeno tra i giovani, di come si è modificata l’immagine del consumatore, anche e soprattutto come conseguenza dei messaggi trasmessi dai media.

Sebbene il tema dell’alcolismo venga percepito dai cittadini italiani maggiorenni come problema sociale in modo meno netto rispetto a trent’anni fa (oggi lo ritiene un problema rilevante il 35,4% rispetto al 66% del 1984, anno della prima indagine Eurispes), emergono però frequenti eccessi nel consumo. Alla metà degli intervistati capita, infatti, di eccedere con l’alcol, anche se “qualche volta” (47,7%), ovvero il 14% in più rispetto al 2010 (22esimo Rapporto Italia, Eurispes). E lo si fa per diverse ragioni: il 28% per “piacere” (nel 2010 la quota era del 49,4%), un quarto per “stare meglio con gli altri” (il 12,1% in più rispetto al 2010), il 23,7% per “rilassarsi” (l’8,8% in più rispetto al 2010), il 9,2% per “affrontare una situazione complicata” (contro il 2,6%), il 2,2% per “reagire a un insuccesso” (contro l’1,2%).

Un terzo degli intervistati ha giocato con gli amici a chi beve di più (33,1%) e una identica percentuale rivela di aver visto un amico o un conoscente riprendersi o farsi riprendere in video mentre beveva. La birra è in cima ai desideri dei giovanissimi, seguono il vino, poi shottini e superalcolici. Il consumo è sempre più extracasalingo, indipendente dal pasto e legato a momenti di divertimento e allo “sballo”: il 28,6% beve al pub, il 21,4% in discoteca, solo due su dieci bevono a tavola. Insomma, il drink alcolico è considerato una sorta di “rito di passaggio sociale” che caratterizza la fine dell’infanzia. E il tradizionale divario tra i due sessi risulta oggi assai più contenuto rispetto al passato.

L’indagine fa emergere poi un aspetto sconcertante: oltre la metà dei minori ha acquistato alcolici (54,4%) nonostante la legge italiana lo vieti e obblighi il venditore a chiedere un documento d’identità. Di questi, oltre un quinto dichiara che non gli è stato mai chiesto il documento al momento dell’acquisto (21,7%).

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