Bolzano. “Caporalato”: Scoperti 41 lavoratori in nero

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Bolzano. I finanzieri della Tenenza di Egna (BZ) hanno recentemente concluso, su delega della Procura della Repubblica di Vicenza, un’indagine di polizia giudiziaria che ha portato alla luce:
– un preoccupante fenomeno d’illecita intermediazione e sfruttamento del lavoro (c.d. “caporalato”)
posto in essere mediante comportamenti di prevaricazione nei confronti di numerosi lavoratori;
– violazioni alle norme di sicurezza e fattispecie di evasione fiscale.
L’attività di controllo ha preso le mosse dal monitoraggio di alcuni lavoratori, soprattutto stranieri,
domiciliati sia nella bassa atesina che in altre zone della provincia di Bolzano e di Trento, i quali
venivano impiegati, prevalentemente nella zona sud della provincia bolzanina, per la consegna di
volantini pubblicitari “porta a porta”. Per gli spostamenti e le consegne, i lavoratori utilizzavano
biciclette messe a disposizione dai datori di lavoro.
I preliminari accertamenti effettuati, sia con riferimento agli orari di lavoro che alle anomale modalità
di svolgimento del “rapporto” d’impiego, hanno condotto i militari ad eseguire più approfondite
indagini, che hanno consentito d’individuare una società (con sede a Vicenza) la quale aveva
reclutato un numero elevato di lavoratori, di nazionalità pakistana, indiana e algerina. I responsabili
di tale società, come hanno dimostrato le successive investigazioni, avevano creato un sistema ad
hoc, costituito da ulteriori 4 ditte individuali e da 4 società (riconducibili sempre agli stessi soggetti),
il cui principale scopo era quello di allargare il proprio giro d’affari mediante l’impiego di manodopera
completamente “in nero”. Queste società e ditte individuali, tutte operanti nel settore della
pianificazione e promozione pubblicitaria, hanno sede nelle province di Vicenza, Trento, Verona e
Milano.
I lavoratori, privi di mezzi di sussistenza alternativi e costretti a vivere in condizioni igienico-sanitarie
precarie, venivano reclutati, principalmente, nella zona di Rosà (VI) e trasportati, mediante dei
furgoni fatiscenti e insicuri (sovente anche causa di gravi incidenti stradali), sui luoghi di lavoro
ubicati in tutto il territorio provinciale.
Gli addetti, in sella alle biciclette che venivano loro fornite, erano costretti a lavorare in condizioni
indecorose e sotto continua sorveglianza (dal momento che seguivano tragitti prestabiliti), erano
“affidati” al controllo di un capo squadra, venivano monitorati tramite sistemi GPS, erano impiegati
anche per più di 15 ore al giorno (per sei giorni alla settimana) e percepivano uno stipendio
compreso tra i 500 e i 700 euro al mese.
Come se non bastasse, i lavoratori erano sottoposti a continue minacce di licenziamento ovvero di
percosse, soprattutto in caso di rivelazione, alle forze dell’ordine, delle reali condizioni di lavoro.
Ai lavoratori in tal modo sfruttati, in alcune circostanze venivano trattenuti i documenti, quali la carta
d’identità o il permesso di soggiorno, al fine di mantenere saldo il rapporto di patologica
subordinazione e condizionamento psicologico.

Le Fiamme Gialle altoatesine, dopo un’approfondita attività investigativa, coordinata, come detto,
dalla Procura della Repubblica di Vicenza e contraddistinta da numerosi riscontri, rilievi e
pedinamenti, nonché dall’acquisizione di oltre 50 testimonianze (sia da parte di lavoratori che da
altre persone informate sui fatti), hanno deferito alla predetta Autorità Giudiziaria 7 soggetti (tutti
residenti a Vicenza), 5 dei quali di nazionalità indiana (S.P. di anni 34; K.K. di anni 38; S.G. di anni
44; K.K. di anni 29 e S.H. di anni 51;) e 2 di nazionalità italiana (P.E. di anni 65 e P.S. di anni 21) in
quanto ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di “Associazione per delinquere” (art. 416 codice
penale) e di “Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro” (art. 603-bis codice penale), il c.d.
“Caporalato”.
Tra le persone individuate spicca la figura di un soggetto che, oltre alle condotte illecite di cui sopra,
si è reso responsabile anche del reato di “abusivo esercizio della professione” (art. 348 codice
penale); in particolare, lo stesso, reo confesso, fingendosi commercialista iscritto all’Albo,
predisponeva la documentazione amministrativo–contabile (tra cui falsi documenti attestanti la
regolarità contributiva, fittizie asseverazioni, ecc.), allo scopo di simulare una formale regolarità dei
rapporti di lavoro instaurati, quando in realtà gran parte degli addetti era assunta completamente “in
nero” (nel corso delle indagini, ne sono stati scoperti complessivamente 41).
La Guardia di Finanza di Egna ha inoltre provveduto a notiziare gli uffici competenti dell’INPS e
dell’INAIL di Bolzano, per l’esatta quantificazione dei contributi previdenziali e assistenziali non
versati (in base alla categoria contrattuale, all’anzianità, alle qualifiche rivestite e/o al ruolo ricoperto,
alle aliquote vigenti, ecc.) nonché per l’applicazione, nei confronti dei “datori di lavoro”, delle relative
sanzioni amministrative.
Nei confronti di tutti gli indagati, la Procura della Repubblica di Vicenza ha recentemente emesso
l’avviso di conclusione delle indagini preliminari.
Il reato di Caporalato, disciplinato dall’art. 603-bis del codice penale e rivisitato dal legislatore nel
2016 (legge n. 199/2016), prevede la reclusione da uno a sei anni e la multa da 500 a 1.000 euro
per ciascun lavoratore illecitamente “reclutato”. Nei casi di maggiore gravità (quando, ad esempio,
viene usata violenza o minaccia), si applica la pena della reclusione da cinque a otto anni e la multa
da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore assoldato
L’attività svolta dalla Guardia di Finanza di Egna rientra tra le principali missioni istituzionali affidate
al Corpo, quella del contrasto al c.d. “sommerso da lavoro”, vale a dire a ogni forma di lavoro “nero”
o irregolare. Scopo di questa missione è anche quello di garantire la corretta operatività degli
imprenditori onesti mediante l’eliminazione di forme di concorrenza sleale.

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