La Cop26, conferenza sul clima di Glasgow

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Una delle notizie del giorno riguarda il summit di Glasgow sul clima, che si sarebbe dovuto tenere nel 2020, poi rimandato di un anno causa Covid, conferenza di intensi negoziati tra circa 200 Paesi sui problemi del pianeta e del suo inarrestabile riscaldamento globale.

La Cop26 (che sta per ‘Conferenza delle parti’, in riferimento alle ‘parti’ contraenti che hanno siglato gli accordi sul clima stipulati a Rio nel 1992 – Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici), spalmata su 13 giorni di incontri, apertasi il 31 ottobre volge ormai alla conclusione, prevista per il prossimo 12 novembre.

Il summit in questione, è un evento di portata mondiale per l’importanza dei temi in discussione: si parla e si cercano rimedi – in sostanza – per il futuro del mondo, per evitare una catastrofe globale che risulta essere sempre più vicina. Se prima parlare di misure da prendere per evitare il disatro climatico era un puro esercizio accademico, oggi è una esigenza non più procrastinabile ed i paesi del mondo sembrano averlo inteso.

Ora è il tempo delle azioni concrete e dell’impegno fattivo, per la conclusione di accordi sulle misure da attuarsi per combattere e far regredire il surriscaldamento che è il vero cancro del mondo civilizzato. La pandemia di Covid ha purtroppo (ed inevitabilmente) avuto quasi l’esclusiva – negli ultimi due anni – sui media mondiali; ma il clima è forse ancora più importante e occorre parlarne con forza ed impegno per sensibilizzare sull’argomento, perchè clima significa salute.

La giornata mondiale della Terra che si è svolta lo scorso 22 aprile 2021, ha confermato invece e se ancora ve ne fosse bisogno, una realtà drammatica quanto sottovalutata, cioè che il pianeta è gravemente malato e che è fondamentale agire collettivamente per invertire la tendenza che sta portando danni enormi al nostro ambiente.

Gli argomenti e gli approfondimenti trattati sul tavolo dei potenti della terra – in questi giorni di conferenze – hanno riguardato le iniziative a sostegno della natura, la salvaguardia degli oceani, i veicoli a emissioni zero (in questo senso l’impegno dei leader del mercato automobilistico a commercializzare veicoli a emissioni zero al 100% entro il 2040); l’innovazione e diffusione delle tecnologie pulite. L’obiettivo ultimo, sul quale Capi di Stato, esperti di clima, attivisti e imprenditori stanno discutendo in Scozia, è proprio come limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi Celsius.

Eppure i dati sono allarmanti: un rapporto lanciato dalla Ong Oxfam, parla di come – al 2030 – le emissioni di CO2 prodotte dall’1% della popolazione ricca del mondo saranno 30 volte superiori al limite previsto, utile a contenere l’aumento di temperatura globale al di sotto di 1,5 C. Viceversa, le emissioni del 50% della popolazione più povera è destinata – sempre secondo le previsioni dello studio – a restare bene al di sotto della soglia di guardia: ciò sta a significare che tra meno di 10 anni, le emissioni prodotte dal 10% più ricco della popolazione porterà la Terra ad un punto di non ritorno indipendentemente da quello che farà il restante 90% di umanità.

Lo scenario è da brividi e propone collateralmente la fotografia di una realtà, in cui il globo è dominato da un’enorme squilibrio caratterizzato da un tasso di inquinamento inversamente proporzionale a quello della povertà; a puro esempio, si pensi che un volo spaziale inquina quanto un miliardo di persone povere.

Ecco perchè è il momento delle azioni concrete; per questo, le economie del mondo hanno ormai capito che occorrono cospicui investimenti nell’uso delle finanze pubbliche per mitigare gli effetti del climate change, per arrivare (ci si augura) a emissioni zero entro il 2050.  

Anche associazioni e organizzazioni non governative hanno avuto accesso alla Conferenza sul clima in atto, presentando le loro idee, le loro controproposte, le loro soluzioni. Ma quel che più conta, a Glasgow ci sono i giovani, la vera spinta verso la modernità sostenibile, con i loro slogan e le loro critiche che più volte sono state irrise e sottovalutate.

C’e stata una dichiarazione globale dei giovani, che hanno esposto le loro azioni per il clima e ciò che vogliono dai leader mondiali. Ci sono stati gli interventi dei leader del movimento come Vanessa Nakate che ha posto l’accento sulla colpevole inazione dei leader delle nazioni che distrugge l’ambiente; l’Africa – ha detto Nakate – è responsabile del 3% delle emissioni storiche, ma soffre il peso maggiore della crisi climatica. Ma come può esserci giustizia climatica se non ascoltano i Paesi più colpiti ?”. Anche Greta Thunberg ha detto la sua, parlando senza mezzi termini di un fallimento della Cop26 ed accusando al contempo i potenti del mondo di ‘sapere bene’ ciò che stanno facendo, ‘bei discorsi’ per nascondere ‘parole vuote e bla bla bla’.

Il clima è dunque al centro del dibattito mondiale – e se lo è finalmente – è anche grazie alle proteste dei giovani, che pur con le loro contraddizioni, con i loro cartelli di protesta, i loro slogan, cercano risposte dai grandi della Terra che devono decidere sui destini del pianeta. Che piaccia o no, i temi e le rivendicazioni dei Fridays for Future a questo servono: il cambiamento culturale e la maggiore consapevolezza ecologica passano per queste azioni di sensibilizzazione di massa.

La verità è che occorre, in tutti noi ed a livello mondiale, una maggiore capillare educazione ambientale; i concetti di sostenibilità energetica, riciclo dei rifiuti, consumo critico, educazione alimentare, alla salute, alla mobilità sostenibile, biodiversità, educazione al territorio e al paesaggio, implicano che ciascuna azione per l’ambiente – inteso come sistema di relazioni connesse – non può prescindere dalle sfere del sociale, dell’economia, della politica, della tecnologia.

Con il nostro inetto modo di fare, stiamo apportando non pochi danni alla Terra: solo un deciso cambiamento di rotta al nostro stile di vita, potrà preservare le residue risorse del nostro pianeta che vanno rapidamente esaurendosi.

Pertanto, l’obiettivo deve essere quello di ridurre al massimo l’impatto ambientale di ogni tipo di azione dell’uomo sulla Terra e per far questo occorrono politiche ecosostenibili che portino ad agire in modo che le generazioni future si trovino di fronte a un mondo che abbia una quantità di risorse perlomeno pari a quella attuale.

Tutti, siamo singolarmente chiamati a dare un contributo, a partire da una sostenibilità domestica fatta di gesti e comportamenti quotidiani minuti. Ogni nostra azione individuale ha ripercussioni a livello globale, perchè l’aria che respiriamo e l’acqua che beviamo (come i virus del resto e con il Covid lo abbiamo capito), non conoscono i confini nazionali: quindi dobbiamo prendercene cura tutti; teniamolo a mente e non dimentichiamocelo mai.

Alberto Porcu Zanda

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