“Oltre i Confini”, il festival di Actores Alidos chiude venerdì con un omaggio a Nivola

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Omaggio a Costantino Nivola per chiudere in bellezza la XXXIV edizione di “Oltre i Confini” / Festival di Musica e Teatro organizzato dal Teatro Actores Alidos con la direzione artistica di Gianfranco Angei: in cartellone venerdì 29 settembre alle 21 all’ex Caserma di via Roma n. 30 a Quartu Sant’Elena, “Su Muru Prinzu” (ovvero “Il Muro Incinto”) di Paolo Puppa, nella mise en scène del Bocheteatro, immaginifico e coinvolgente spettacolo, liberamente tratto dalle “Memorie di Orani” dell’artista barbaricino e interpretato da Giovanni Carroni, che firma anche la regia, con scene e costumi di Marco Nateri, per un ideale viaggio in una Sardegna arcaica, mitica terra dell’infanzia. 

“Su Muru Prinzu” riprende nel titolo il tema di un ventre gravido di promesse, declinato nel profilo curvilineo e accogliente delle icastiche figure delle “Madri” di pietra, che trova corrispondenza nelle fantasticherie di bambino del celebre scultore: «Il muro panciuto della casa nascondeva sempre un tesoro, il pane piatto e sottile che si gonfiava al calore del forno, promessa che la nostra fame sarebbe stata appagata per sempre. Allo stesso modo la donna incinta nasconde nel suo grembo il segreto d’un figlio meraviglioso».

Un intenso e emozionante (auto)ritratto d’artista, in cui Costantino Nivola rivela un’insospettabile abilità letteraria, con uno stile graffiante, sincero e impietoso, a tratti lirico nel rammentare i giorni difficili, la povertà, la fame e il freddo dei primi anni di vita ma anche l’allegria e il gioco, nell’atmosfera incantata in cui dimorano gli spiriti fanciulli, che si nutrono di favole e sogni: nelle “Memorie di Orani” è nascosto forse il segreto del suo talento, della vocazione per le arti plastiche e figurative, ma soprattutto emerge il legame forte con le proprie origini, la coscienza di un’identità.

In quell’efficace e quasi pittorico racconto per quadri affiorano i ricordi di un tempo lontano, velati di tenera nostalgia e di poesia, anche nell’amarezza e nelle contraddizioni: una sorta di diario che riporta ai paesaggi e alle atmosfere dell’Isola, alla dimensione del quotidiano, alla spensieratezza e alla libertà di un’età in cui tutto è ancora possibile e ciascuno può serbare in cuore piccoli e grandi segreti e coltivare le proprie aspirazioni, volgendo idealmente lo sguardo verso l’infinito.

In “Su Muru Prinzu” Paolo Puppa, apprezzato drammaturgo, saggista e scrittore (già professore ordinario di storia del teatro e dello spettacolo all’Università di Venezia) mette in scena il ricco universo interiore del pittore, illustratore e scultore di fama internazionale, attingendo alla prospettiva quasi fiabesca di quella remota infanzia che fa da contrappunto all’esperienza newyorkese, ai successi e alle relazioni con l’élite culturale. Nell’eleganza formale, nella stilizzazione estrema, che giunge all’astrazione geometrica delle opere di Costantino Nivola, affiorano le radici e gli echi ancestrali, le iconografie delle dee madri e le rappresentazioni del mistero e del sacro, reinterpretate con sensibilità contemporanea, attraverso la conoscenza delle avanguardie e delle correnti artistiche del Novecento.

Sulla colonna sonora elaborata da Battista Giordano, Giovanni Carroni presta volto e voce al “suo” Costantino Nivola, che «ritorna per un’ora a raccontare la sua storia, sospesa tra gli umori dell’anticamera dell’Ade»: un viaggio nella memoria che si materializza attraverso il corpo, nella voce e nello sguardo, nelle mani e nei piedi, nel respiro.

 «Il luogo/città dell’utopia, ideale antico in cui arte e architettura, ma anche pittura, scultura, decorazione, collage, grafica, si fondono in un fermento vitale» diventa paesaggio dell’anima, in una narrazione densa di significato, evocativa e pittorica, vibrante di emozioni. Il dramma della fame, tormentosa, si placa nel sonno e nell’attesa, e infine il grano, come sostanza magica e simbolica, diventa il nutrimento prezioso che sazia e placa l’inquietudine, sconfigge la paura, regala un luminoso momento di serenità, quasi uno stato di grazia. «Nivola racconta dunque la tragedia e la bellezza, la disperazione e la pace» – si legge nella presentazione – «così come nelle sue creazioni tra antico e moderno: forme nuragiche e mediterranee, la densità dentro le intricate linee di New York o di Orani».

In “Su Muru Prinzu”, il protagonista «si racconta attraverso il ciclo vitale delle stagioni, e dei materiali della sua arte e del suo lavoro: l’acqua, la sabbia, il cemento, il gesso, il fuoco. Per un’ora ci regala una lezione di vita, di arte e di moralità, la stessa di cui è permeato il suo libro autobiografico. Lo spettacolo tocca una forma ontologica della memoria. La memoria della vita e dell’incontrare la morte, perché il corpo deve sapere cos’è la morte».

La pièce rappresenta quindi un percorso simbolico, un itinerario iniziatico verso la conoscenza, in uno scenario quasi metafisico: «La consapevolezza della morte, come per Nivola, ci consente di rinnovare noi stessi e i nostri sentimenti. Il momento di narrazione dunque è sospeso come in un limbo tra il regno dei vivi e il regno dei morti. Poiché la nostra vita in realtà è il percorso verso l’Ade, e questo “rito” teatrale vuole essere anche l’ampliamento di questo percorso… per assecondare e svelare il significato profondo della parole di Antine Nivola».

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