Trump “il rozzo”, “il volgare” e “il razzista” fa volare l’economia degli Usa

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Donald Trump “l’idiota”, Donald Trump “l’inadatto”, Donald Trump il “razzista”. Eppure c’è un settore preciso dove questa propagandata

inadeguatezza del presidente degli Stati Uniti pare non essersi manifestata: quello economico. Anzi.

Il settore produttivo italiano, da quando Donald Trump è stato eletto alla Casa Bianca, guarda con favore agli States. L’immagine del presidente degli Stati Uniti è costantemente sotto attacco, ma i fondamentali dell’economia americana raccontano una storia che non piace per niente ai democratici: grazie ai benefici derivanti dal taglio dell’aliquota ( dal 35% al 21%), molte aziende stanno distribuendo bonus una tantum ai propri dipendenti: gli operai americani “rifiatano” grazie al presidente che “ha tolto le speranze all’America”, come amano dire certi pasdaran del pensiero unico. Alcune multinazionali, poi, sono entrate o rientrate nel mercato americano ben prima di conoscere gli effetti del citato taglio della corporate tax. Si calcola che, dal giorno in cui il Congresso ha votato la riforma, circa duecentomila operai abbiano beneficiato economicamente delle elargizioni aziendali. Donald Trump, l’uomo votato inaspettatamente dall’America profonda, la stessa che avrebbe dovuto sostenere la Clinton quasi per indicazione divina, sta mantenendo le promesse. E i media progressisti, scientemente, non ne parlano.  Multinazionali, banche, società, compagnie aree: tutti stanno distribuendo qualcosa ai loro dipendenti. American Airlines ha consegnato mille dollari nelle mani di centotrentamila lavoratori e Comcast mille dollari agli oltre centomila dipendenti e, ancora, Att ha dato mille dollari in più ai suoi duecentomila stipendiati. Quando è trascorso un anno e mezzo dall’elezione di Trump, l’economia americana ha guadagnato in salute rispetto ai temi dell’amministrazione Obama. Wall Street ha registrato una serie di record storici, spesso contemporaneamente su tutti e tre i listini. E il dollaro, nonostante i catastrofismi degli oppositori neoliberal, non è affatto crollato. Proprio la risalita del mercato del lavoro e il miglioramento dei tassi di produttività hanno convinto il Congresso ad approvare la rivoluzione fiscale importata con il “Tax Cuts and Jobs Acts”. Trump, adesso, deve buttare comunque un occhio al mercato immobiliare: alcuni commentatori sostengono che le deduzioni fiscali introdotte per i mutui possano contribuire all’innesco di una rinnovata crisi del settore. I numeri, per ora, danno ragione a Trump e alla sua volontà di intervenire sui consumi degli americani.  La disoccupazione, ancora, è al 4,1%: minimo storico e piena occupazione statistica. I posti di lavoro vengono creati a maggiore velocità di quanto previsto dagli studi di settore. E mentre ci si interroga sui meriti diretti del presidente al riguardo, i lavoratori godono dei surplus generati dalla riforma fiscale, come Marchionne stesso ha ammesso. Donald Trump “l’idiota” prosegue nella sua marcia verso le elezioni di medio termine che si terranno a novembre. Chissà se l’America, anche stavolta, si sveglierà sconvolta o se, leggendo dati e statistiche, i giornalisti nostrani saranno in grado di raccontare qualcosa di vero sulla probabile conferma elettorale del presidente più “inadatto” al suo ruolo della storia degli States.

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